Venerdì santo. Giorno della morte di Gesù di Nazaret. Il criterio teologico ed evangelico dell’apostolo Giovanni colloca ed identifica nel venerdì santo la esaltazione di Cristo, facendola coincidere con la Pasqua ebraica. Sul Golgota con la morte in croce si compie il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo. La solenne azione liturgica pur nella sobrietà e l’essenzialità dei segni, sostenuti dal vigore espressivo della Parola, si muove nel quadro drammatico del racconto e della celebrazione della Passione. Il Quarto Canto del Servo di Jahwé con toni acerbi che richiamano in forma cruenta l’identità di virgulto di radice in arida terra ed il mistero di torture psicologiche e fisiche inflitte al «servo», disprezzato, esperto del patire, conclude la presentazione di chi, umiliato, percosso da Dio si è addossato il peccato del mondo e con un sacrificio di riparazione, in pieno abbandono a Dio, è stato messo a morte. Gesù, il vero sommo sacerdote, col suo sacrificio causa il dono della misericordia e della grazia. Attraverso un assurdo ed ingiusto, processo sbattuto da una parte all’altra dalle autorità, sbeffeggiato dai soldati, tradito e rinnegato dai suoi, dopo uno straziante cammino con la croce, viene in essa confitto e dopo una lenta agonia muore. Nel suo nome ha senso ed efficacia la preghiera universale elevata al Padre e l’adorazione della croce che, mai, come in questo giorno, riverbera ed evoca la croce da cui ciascuno è afflitto: malattia, sofferenza, solitudine, delusione, povertà, guerra, morte. Non bastano e non servono più parole, anche quelle più auliche e confortanti, per descrivere il silenzio di tomba che però racchiude e nasconde gli albori della vita. P. Angelo Sardone