La semina del mattino
221. «Dio vide che era cosa buona» (Gen 1,3.12.18). È questo il ritornello che accompagna i sei giorni della creazione e col quale Dio Padre chiude con compiacenza giorno per giorno la sua opera. L’autore sacro narra l’evento della creazione dell’universo e la riveste di una coloratura antropomorfica. Adopera questa sottolineatura come insegnamento rivelato, con uno stile colorito e vivace ed una singolare ricchezza narrativa. L’espressione contiene il valore e l’apprezzamento del Creatore dinanzi ad un progetto perfetto che sta realizzando a cadenza giornaliera, dove ciascuna cosa ha una posizione fissa, uno scopo e una funzione per sempre, secondo la legge di natura da Lui impressa. Si tratta di forma perfetta con una struttura di autorità divina che imprime una forma destinata a rimanere per sempre. Solo Dio, essere perfettissimo, poteva esprimere fuori di sé una creazione perfetta che lascia a bocca aperta mentre si scoprono le leggi impresse e la loro assoluta bellezza. Al termine dell’esamerone (i sei giorni), dopo aver creato l’uomo e la donna, l’originaria espressione si colora ulteriormente di un aggettivo migliorativo ed accrescitivo: “vide che era cosa molto buona” (Gen 1,31). Se la natura vegetale ed animale, sulla terra, nei cieli e nei mari era buona, a maggior ragione lo era quella umana, come espressione di una persona creata a sua immagine e somiglianza, che partecipa alla natura divina attraverso la grazia. Alle creature umane Dio ha dato in possesso e dominio la natura e l’universo perché tragga alimento per vivere e motivo per esaltare la gloria del Creatore. P. Angelo Sardone.