«Tu sei più giusto di me, perché mi hai reso il bene, mentre io ti ho reso il male» (1 Sam 24,18). Accecato dall’invidia e dalla gelosia, Saul ha ingaggiato una vera e propria guerra contro Davide che è costretto a fuggire e diventa errante. Un giorno la situazione diviene a lui propizia perché entrambi, ignari l’uno dell’altro, finiscono in una grande caverna. Davide che è nel fondo si avvede della presenza del re che era entrato per un bisogno naturale e pur avendo la possibilità di ucciderlo, impedisce ai suoi soldati di farlo, limitandosi a tagliare un lembo del mantello del re. Dopo averlo fatto sente in sé uno scrupolo per avere agito contro il re. A ciò è spinto da un timore riverenziale verso il consacrato del Signore. Ha nelle sue mani colui che si dichiara suo nemico ma non l’offende; ha sotto gli occhi chi vuole ucciderlo, ma non l’uccide. Anzi, una volta fuori entrambi dalla caverna, Davide chiama a gran voce Saul, gli si prostra dinnanzi, gli chiede di non ascoltare la voce di quelli che affermavano che egli voleva la sua rovina e gli mostra il lembo del mantello. Il re ascolta Davide che afferma in verità di non avere alcun disegno iniquo nei suoi confronti, né ribellione. Saul ascolta, piange e finalmente pronunzia una parola saggia: «Sei più giusto di me; mi hai fatto del bene mentre io ti ho reso il male». «Historia docet: la storia insegna», dicevano gli antichi. «Historia magistra vitae: la storia è maestra di vita» scriveva Cicerone nel De Oratore, perché è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria. Non occorre essere teologi né tanto meno cristiani per comprendere queste verità: l’invidia accecante di chi crede di essere potente, alla fine si arrende dinanzi alla verità luminosa di chi è piccolo ed onesto. P. Angelo Sardone