«Non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze» (Eb 4,15). La presentazione sistematica di Cristo sommo ed eterno sacerdote continua con l’evidenziazione di aspetti particolari legati al suo ministero di intercessore presso Dio e di vicinanza all’uomo tribolato dalla malattia del corpo e dello spirito. La grandezza di Gesù Cristo sacerdote sta innanzitutto nel fatto che è passato attraverso i cieli, nel senso che non solo è sceso dal Cielo, ma vi è ritornato alla destra del Padre dopo l’esaltazione della croce e la sua risurrezione. Ha preso parte in pieno alle debolezze dell’uomo essendo diventato anch’egli uomo e caricato della debolezza umana fino in fondo, lasciandosi mettere da Dio alla prova col dolore più acerbo, segno e conseguenza del peccato, e risultando vincitore in tutto. Le tentazioni subite all’inizio della sua predicazione si sono riverberate entro l’arco intero della sua vita fino alla passione quando la forza delle tenebre lo ha assalito, ma è stata sconfitta. È molto bella la considerazione della profonda umanità di Cristo così vicina all’uomo di ogni tempo che spesso si perde nel labirinto della vita e nella contraddizione, senza sapere più distinguere e comprendere quale sia la via giusta da seguire e percorrerla e quella cattiva ed evitarla. Cristo rimane sempre e comunque come dice la teologia, «sacerdos et hostia», sacerdote e vittima ed investe di questa identità anche il sacerdozio ministeriale nella persona di uomini deboli ma resi forti dalla grazia di Dio e dalla potenza dello Spirito Santo. P. Angelo Sardone