Mattutino di speranza
Giovedì 14 maggio 2020.
Nel mistero dell’Eucaristia noi adoriamo Gesù Cristo vivo e vero nel suo corpo, sangue, anima e divinità. Questo mistero di fede richiede attenzione, fiducia, abbandono completo perché va al di là dei sensi e della mente molto limitati nel vedere e nel comprendere. Gesù Sommo sacerdote, che una volta per sempre ha consumato in forma cruenta il suo sacrificio sulla croce, ogni giorno lo rinnova sull’altare per mezzo del sacerdote al quale egli stesso ha dato il potere di rendere presente ed attualizzare il suo mistero d’amore, nella celebrazione della S. Messa. Il cibo eucaristico ha la prerogativa di “soprasostanziale” cioè superiore ad ogni altra sostanza ed il suo uso e la sua utilità sono giornaliere. Senza questo cibo non si può vivere. La necessità dell’Eucaristia giornaliera si configura nella preghiera insegnata da Gesù Cristo con la quale si chiede al Padre il pane quotidiano, perché non c’è un giorno nel quale non vi sia questo bisogno. «Per l’anima, che cosa c’è di più nutritivo del Verbo? Per la mente che la riceve, che cosa di più prezioso della sapienza di Dio?» (Origene). Entrambi i sacramenti, l’Eucaristia ed il Sacerdozio, scaturiscono dal Cuore di Cristo e sono il dono più grande del suo amore. Dall’Eucaristia nasce la Chiesa, l’assemblea di coloro che sono chiamati da Dio. Nel contempo è la Chiesa stessa che, attraverso il sacerdote, confeziona l’Eucaristia che è garanzia della presenza viva di Gesù nel tempo, nella storia. In questi ultimi mesi, per le note ragioni di prudenza onde arginare la contaminazione del virus, è stata interdetta la partecipazione sia personale che comunitaria alla sinassi, cioè alla riunione dei fedeli per la lettura della Parola di Dio e la celebrazione eucaristica. Di conseguenza è mancato, anche a Pasqua, il cibo dell’Eucaristia. La partecipazione alla S. Messa con i mezzi di comunicazione sociale non ha di fatto sostituito, se non virtualmente, la presenza fisica alla celebrazione, ma la bocca e il cuore sono rimasti senza il nutrimento. Né tanto meno la cosiddetta “comunione spirituale”, una pratica devota diffusa soprattutto dai grandi Santi eucaristici come Alfonso Maria de’ Liguori, non ha potuto sostituire se non virtualmente, questa necessità e questo bisogno. Una cosa è desiderare un bene prezioso, un’altra è averlo. Una cosa è pensare un cibo delizioso, un’altra è riceverlo e gustarlo. Il digiuno eucaristico ha fatto crescere il bisogno e l’urgenza di tornare a celebrare insieme la S. Messa e diventare commensali del banchetto per ricevere il corpo e il sangue di Cristo, vero cibo e vera bevanda. L’Eucaristia rafforza, infatti, i vincoli di amore con Gesù, permette di rimanere in Lui che dà la garanzia della vita sia terrena che eterna: «Chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6). Noi sacerdoti, in forza della nostra identità e del servizio sacramentale non siamo stati privati di questo cibo. Il mio pensiero, è stato ed è sempre rivolto a tutti quelli che non hanno potuto e non possono ancora usufruire personalmente di questo dono. Ho pensato a quanto S. Giovanni Paolo II raccontava agli inizi del suo ministero petrino, di una comunità cristiana nella quale, non essendoci un sacerdote disponibile, si riunisce per lodare il Signore ed imita la celebrazione eucaristica, tenendo il Libro della Parola aperto, dispiegando sull’altare il corporale con le offerte del pane e del vino, prega e canta, quasi stesse celebrando la S. Messa. Ma quando si giunge al momento della consacrazione, un grande silenzio avvolge la mente, il cuore e gli ambienti. Si odono singulti di pianto perché non c’è chi pronunzi le parole della consacrazione, renda presente Gesù sull’altare e lo distribuisca a tutti. In questi ultimi mesi è avvenuto il contrario. Noi sacerdoti abbiamo celebrato l’Eucaristia, distribuendo con abbondanza il pane della Parola, ma, con il cuore e la mente angosciati, non abbiamo potuto dare materialmente il Pane della vita a tutti quelli che lo desideravano e che invece dovevano accontentarsi di sentire o guardare quello che avveniva nella Messa o nell’adorazione eucaristica. Le nostre lagrime si sono confuse con le vostre e si sono unite nel sacro calice al sangue di Cristo. Il Signore ha benedetto questo comune dolore, facendo crescere dentro il cuore di ciascuno il desiderio ancora maggiore di tornare a celebrare insieme la S. Messa, ossia tornare a vivere, proprio perché senza l’Eucaristia non c’è salute, non c’è prosperità, non c’è futuro, non c’è vita! P. Angelo Sardone