La semina del mattino
202. «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek» (Eb 7, 17).
È il ritornello salmodico e la sintesi dell’identità del sacerdozio instaurato da Gesù, ampiamente riportato nell’esposizione teologica più sistematica del Nuovo Testamento, redatta dall’autore della Lettera agli Ebrei. Egli, facendo eco al salmo 109, attribuisce a Gesù il sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedek, il sacerdote che era andato incontro ad Abramo, l’aveva benedetto e da lui aveva ricevuto la percentuale del suo bottino di guerra. Questo misterioso personaggio, che non ha identificazione, senza padre, senza madre, senza genealogia, senza tempo, rimane il «tipo» del Figlio di Dio, e per questo rimane sacerdote per sempre. Cristo possiede un sacerdozio celeste ed eterno: compie in maniera perfetta il suo servizio sacrificale offrendo se stesso, avendo realizzato una solidarietà piena con l’uomo. Si è fatto carico delle sue debolezze e sofferenze facendosi in tutto uguale fuorché nel peccato. La sua offerta è completa, unica, efficace. Per riunire in un sol corpo i fedeli, Gesù promosse alcuni di loro come ministri, con la potestà dell’ordine sacro per offrire il sacrificio e perdonare i peccati, svolgendo la funzione sacerdotale. Gli apostoli resero partecipi della consacrazione e missione di Cristo i successori, i vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai presbiteri (PO 2). Il servizio del sacerdote è l’annuncio del Vangelo, per far crescere, santificare e governare il popolo di Dio. Egli è segnato dal carattere indelebile che lo configura a Cristo, nel cui nome e nella cui persona agisce. P. Angelo Sardone