«Vidi le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della Parola di Dio. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo» (Apc 20,49. La narrazione delle molteplici visioni apocalittiche si avvia verso la fine. Il profeta del nuovo Testamento, Giovanni evangelista, continua a descrivere con dovizia di particolari tutte le scene in vista dell’estremo combattimento e della vittoria finale. Ora è la volta dei martiri, specificandone il modo del martirio, la decapitazione. Le prime persecuzioni dei cristiani in tutto il mondo allora conosciuto si concludevano spesso proprio col mezzo risolutivo della decapitazione. Le motivazioni sono molteplici e quelle indicate dal testo sacro sono principalmente due: la testimonianza di Gesù e della sua Parola, il rifiuto di adorare la bestia e la sua statua. Questi elementi primordiali caratterizzano non solo i primi secoli della Chiesa, ma ogni epoca storica anche oggi, laddove la decapitazione non è semplicemente quella fisica del taglio della testa, ma si manifesta e realizza con la recisione delle idee, postulate dalla legge di Dio da quella naturale fino a quella positiva dei dieci comandamenti, con l’asservimento ideologico e talora partitico. La Parola di Dio che guida la vita dei cristiani richiede costantemente adesione e testimonianza. La gloria dei martiri, nella prospettiva escatologica, è la partecipazione al sacerdozio regale di Gesù Cristo. Tutto questo si è espresso anche nella vita di S. Caterina di Alessandria, una martire del III secolo, appena diciottenne, non molto conosciuta, la cui memoria viene oggi ricordata. Per non aver voluto adorare gli dei e contrarre matrimonio con un pagano, fu condannata ad una morte terribile: le fu straziato il corpo con una grande ruota dentata e finita con la decapitazione. P. Angelo Sardone