«Se camminiamo nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, ci purifica da ogni peccato» (1Gv 1,7). L’odierna festa di S. Caterina da Siena è corredata liturgicamente da un passo significativo della Prima Lettera di S. Giovanni, abitualmente proclamato nel periodo natalizio. Si tratta di uno degli elementi propri che l’evangelista collega al suo Vangelo nel segno della luce e della comunione fraterna fondata sul sangue di Cristo che purifica da ogni peccato. In questi princìpi si esplicita il mistero della Pasqua del Signore, sulla quale si fonda l’autentico cammino cristiano. Caterina Benincasa da Siena (1347-1380) è una delle più singolari espressioni di santità di terra italiana. La sua vita evidenzia molteplici elementi che la contraddistinguono tra i Santi: la sua identità di terziaria domenicana, filosofa, teologa e mistica. Attorno a lei si mossero artisti, persone dotte e religiosi. Dotata di particolari doni dall’alto, scriveva e parlava indistintamente a papi, cortigiani, popolani, detenuti. Un coraggio ardito e sorprendente la spinse fino ad Avignone in Francia dal papa Gregorio XI inducendolo a tornare a Roma. Nella città eterna morì ad appena 33 anni. Pio XII la dichiarò patrona d’Italia (1939) insieme con S. Francesco d’Assisi, S. Paolo VI la annoverò tra i «dottori» della Chiesa (1970) per la sua sapienza e dottrina e S. Giovanni Paolo II la volle compatrona d’Europa. La luce risplendente da Cristo Risorto genera la comunione con Dio e con il Prossimo e provoca, attraverso la grazia sacramentale, il perdono dei peccati e l’itinerario di santificazione. Auguri a tutte le Caterina, Catia e simili, perché rispecchino nella loro vita la ricchezza di sincerità e purezza espresse nel loro bel nome. P. Angelo Sardone