Mattutino di speranza, 24 giugno 2020.
Nel Battesimo si realizza una triplice configurazione. In Cristo diventiamo sacerdoti, re e profeti. Da ciò nasce un triplice “munus”, un dovere cioè che impegna il cristiano per tutta la vita a rendere a Dio il culto spirituale nell’esercizio del sacerdozio comune, a realizzare il servizio della carità come espressione di una vera regalità, a proclamare la Parola di Dio e diffonderla come un autentico profeta. La vocazione cristiana implica questi tre aspetti fondamentali entitativi e pratici nella vita del battezzato. In particolare la Parola di Dio fatta carne in Gesù Cristo, esige la proclamazione fatta con le labbra ma ancor più la testimonianza seria, convinta e coerente di vita, nelle variegate circostanze dell’esistenza umana. L’annunzio, per essere efficace, richiede la testimonianza; la testimonianza implica la coerenza; la coerenza esige la fedeltà e la perseveranza anche dinanzi alle difficoltà. Annunzio, testimonianza e coerenza sono le caratteristiche peculiari della vita e della missione del Precursore del Messia, S. Giovanni il Battista, soprannome che le pagine evangeliche attribuiscono al figlio di Zaccaria ed Elisabetta, per via del suo ministero penitenziale al fiume Giordano. Egli è l’ultimo dei profeti del Vecchio Testamento ed il primo del Nuovo nel senso in cui questo termine è inteso. Anzi è il più grande dei profeti di Israele, perché ha potuto vedere ed additare l’Agnello di Dio, oggetto delle sue profezie e ragione della sua esistenza e missione (Mt 11,7-15; Gv 1,19-28). Egli stesso attualizzando quanto già il profeta Isaia aveva detto, si autodefinisce «voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1,23), voce di Gesù Cristo, Colui che è la Parola. Solo di lui, oltre che di Gesù e di Maria, la Liturgia ricorda e celebra solennemente il giorno della natività, collocandola al 24 giugno, precisamente tre mesi dopo il 25 marzo, giorno nel quale si celebra l’annunzio dell’arcangelo Gabriele a Maria di Nazaret, alla quale, tra le altre cose, rivelava la gravidanza al sesto mese della cugina Elisabetta. Oggi è dunque il compleanno di Giovanni Battista. Come è rilevato nei Vangeli egli è figlio di Zaccaria, sacerdote del Tempio di Gerusalemme e di Elisabetta, una discendente della casa di Aronne, la tribù sacerdotale d’Israele. La sua nascita e la sua chiamata, come quella di alcuni grandi personaggi biblici, si colloca in un contesto di palese contraddizione: l’età avanzata dei suoi genitori ed in particolare la sterilità della madre. Nel compimento del servizio sacerdotale, durante la settimana nella quale la classe di Abia era impegnata al tempio, Zaccaria si imbatte timoroso nell’incontro col mistero attraverso una “angelofania”, cioè la manifestazione di Dio attraverso l’angelo Gabriele, lo stesso che poi visiterà Maria a Nazaret. L’angelo gli rivela l’esaudimento da parte del Signore della loro accorata preghiera e la concezione fuori dell’ordinario di un figlio da parte della moglie Elisabetta che tutti dicevano sterile. La confusione naturale dovuta alla gioia sorprendente di diventare padre ed alla particolare condizione della moglie, agita gli equilibri e mette in confusione la mente di Zaccaria che fortemente impacciato e sorpreso, rivela una mancanza di fede piena e fiducioso abbandono all’onnipotenza di Dio. Per questo viene privato della parola fino a otto giorni dopo la nascita del figlio quando scriverà su una tavoletta il nome a lui riservato, Giovanni, che significa “Jahwé è favorevole”. Analogamente la vergogna di Elisabetta, prima per la mancanza di un figlio e poi fino al quinto mese, per la gestazione di una creatura nel grembo ormai avvizzito per la ragguardevole età, si tramuterà in testimonianza gioiosa della potenza di Dio e della sua misericordia, riverberando l’altissima lode a Dio nella beatitudine pronunziata a favore della cugina Maria venuta ad accudirla negli ultimi tre mesi, per la sua fede nell’adempimento di quanto il Signore aveva detto. Un muto reso tale dalla mancanza di fede e la sterilità di una donna avanzata in età ma sempre fiduciosa in Dio con una costante preghiera, si tramutano nella proclamazione del “favore” di Dio accordato alle creature e nella fecondità della fede operativa della quale sarà strumento e segno Maria e la Chiesa. “Giovannino”, come la letteratura artistica definirà il Battista soprattutto nella ritrattistica accanto al Bambino Gesù, erediterà dai suoi genitori ed acquisirà da loro questi valori che lo renderanno «il più grande tra i nati di donna» (Mt 11,11), e concentrerà nella fedeltà alla missione ricevuta di evangelizzatore e preparatore della strada al Messia con la crudezza del suo insegnamento e la eroica coerenza proclamata con le parole e gli insegnamenti e coraggiosamente tradotta nella vita concreta nel cibo, nel vestiario, nelle opere, fino alla testimonianza eroica nell’ingiusto martirio subito. Non è facile oggi trovare o essere un “Giovanni Battista” in un’epoca in cui regna l’incoerenza, la sopraffazione, il facile accomodamento ad ogni vento di dottrina, l’egoismo, l’indifferenza ed anche la paura di mostrarsi cristiani con le parole, il nutrimento, l’abbigliamento e soprattutto la coerenza tra fede e vita. La sequela di Cristo richiede oggi più che mai dedizione seria e continua, per proclamare in maniera franca e coraggiosa con le parole e con le opere, la verità e l’amore di Cristo, quali testimoni credibili del Vangelo. P. Angelo Sardone