«Questi esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede» (At 11,23). La persecuzione scatenata a seguito della morte di Stefano aveva determinato la cosiddetta «diaspora», cioè la dispersione dei seguaci di Cristo e degli Apostoli nelle terre vicine, la Fenicia verso il mare, l’isola di Cipro e la città di Antiochia, in Siria. Visto che aumentavano le conversioni e l’adesione al Cristianesimo era crescente, la Chiesa madre di Gerusalemme mandò ad Antiochia, Barnaba, soprannome di quel Giuseppe che aveva venduto le sue proprietà depositando il ricavato ai piedi degli Apostoli. Era stato proprio lui a farsi garante di Saulo dinanzi alla naturale diffidenza della Chiesa nei confronti dell’ex persecutore dei cristiani. Il testo sacro lo definisce uomo virtuoso, pieno di Spirito Santo e di fede, ma anche risoluto esortatore nel rimanere fedeli al Signore. Nella storia questi esempi e disponibilità di autentici «facilitatori» si moltiplicheranno già nei primi secoli e concorreranno non solo allo sviluppo della fede e della conoscenza di Cristo, ma anche alla salvaguardia dei valori teologici che determinano il domma. Uno di questi viene ricordato nell’odierna liturgia: S. Atanasio (295-373) vescovo di Alessandria d’Egitto, dottore della Chiesa ed intrepido assertore della divinità di Cristo, negata dagli Ariani e proclamata dal Concilio di Nicea (325). La sua fermezza gli costò sofferenza ed esilio. Conobbe S. Antonio abate del quale scrisse la vita con episodi singolari ed insegnamenti risolutori delle controversie ariane, oggi attuali: «i demoni sono astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre sembianze… fingono di parlare come uomini di fede per trarre in inganno e trascinano dove vogliono le vittime dei loro inganni». P. Angelo Sardone