270. «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio» (Is 42,1). Il profeta Isaia nella seconda parte del suo libro presenta il Servo di Jahwé descrivendolo con quattro canti distinti a partire dal capitolo 42. Sono la sintesi mirabile della letteratura messianica riguardante particolarmente il mistero della passione e morte di Gesù di Nazaret con marcate caratteristiche individuali. Gesù le ha avocate a se stesso ed alla sua missione di salvatore. Il servo, che è il mediatore della salvezza, è presentato da Dio stesso come un eletto, un profeta che ha una predestinazione divina ed una missione ben precisa che supera quella degli altri profeti. E’ dotato di una particolare effusione dello Spirito anche se agisce in forma umile e dimessa, quasi in privato. Il suo rapporto con Dio è di figliolanza e di fiducia: preso per mano e condotto, stabilito come alleanza per il popolo. Il suo intervento sarà dolce e delicato nell’intento di non spezzare una canna già incrinata, né spegnere uno stoppino con la fiamma quasi morta. Suo compito sarà portare il diritto e la giustizia a tutta la terra. Queste prerogative fanno riferimento non solo al popolo di Dio, chiamato ad una vocazione specifica, ma soprattutto a Gesù di Nazaret che incarna nella sua vita, nella sua opera e nella sua passione e morte, i requisiti evocati dal canto lirico del profeta. L’amore di Dio ed il suo continuo sostegno sono lo stimolo più efficace a non lasciarsi andare, ma a seguire Gesù nel suo cammino verso la Pasqua di morte e risurrezione, sentendosi amati e sorretti. P. Angelo Sardone