«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio» (Is 42,1). La settimana santa aperta dalla Domenica delle Palme, fa ripercorrere le ultime tappe della vita in terra di Gesù, nella liturgia, a partire dalla Parola di Dio. Essa esprime la grandezza del mistero incarnato nel Figlio di Dio. Il primo Canto del Servo di Jahwé presenta il protagonista delle azioni drammatiche e gloriose della passione, morte e risurrezione. Viene identificato come un profeta, oggetto della predilezione di Dio, latore di una missione salvifica e di una predestinazione divina. La prima predicazione cristiana, in maniera concorde ha riconosciuto in questo servo lo stesso Gesù Cristo, soprattutto quando Egli stesso ha applicato a sé i connotati specifici della sofferenza enunciati dal Deuteroisaia. Il servo eletto da Dio è sostenuto dallo Spirito proprio come i grandi re e profeti. Al battesimo di Gesù e nella trasfigurazione, nel corso della teofania, tornano i medesimi termini adoperati dal profeta e chiaramente applicati dalla voce del Padre al suo Figlio Gesù, l’amato. Mitezza e fermezza contraddistinguono il suo parlare ed agire. Preso per mano da Dio Egli apre gli occhi a tutti perché comprendano la grandezza dell’amore del Creatore che in Lui rivela ogni cosa. Nella sofferenza di Cristo, accolta e vissuta per amore delle creature, si trova tutta la pienezza dell’umanità, portata sull’altare della croce come offerta a Dio della fragilità e debolezza di ogni uomo, trasformate da Cristo in fortezza e stabilità. Anche per me, anche per te! P. Angelo Sardone