Mattutino di speranza, 23 giugno 2020.
La qualità della vita può essere determinata dalla concordanza e subordinazione di tre verbi: pensare, parlare, agire. Uno dei primi Padri della Chiesa, S. Gregorio di Nissa li definisce elementi dichiarativi e distintivi della vita del cristiano. Il pensiero, dinamico e sorgivo, si configura nella mente ed è suo prodotto; le parole esprimono il pensiero con termini convenzionali accessibili alla comprensione; le azioni concretizzano in opere i pensieri e le parole. La storia del pensiero umano è caratterizzata sin dalle origini da alcuni particolari cosiddetti “pensatori” che elaborano riflessioni, concetti, definizioni, che determinano nel bene o nel male la buona qualità del vivere comune e la retta conduzione della società e della vita umana e relazionale. Tutti siamo pensatori. Un pensiero corretto ed onesto è votato al bene e produce il bene; un pensiero egoistico ed opportunista guarda l’utilità propria e non si cura degli altri, anzi considera gli altri antagonisti e nemici. Ci sono pensieri di pace e pensieri di guerra ed odio; pensieri buoni e di bene e pensieri cattivi, oltraggiosi ed offensivi; pensieri terreni e pensieri celesti che si interfacciano con la realtà divina. Molte volte vi è diversità di pensieri tra noi e Dio. Egli stesso lo dichiara: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri» (Is 55,8-9). I pensieri di Dio guardano esclusivamente al bene dell’uomo e sono stimolo perché i pensieri dell’uomo guardino al bene e generino il profitto proprio ed altrui. L’uomo non è gettato nel cosmo ed affidato al suo determinismo, ma è sempre presente e vivo nel pensiero di Dio. «Io occupo un posto mio nei pensieri di Dio, nel mondo di Dio» constatava il beato cardinale H. Newman. La parola è un termine convenzionale orale o scritto con il quale si dà un’informazione, si esprime un concetto, si traduce un’idea. È la forma di comunicazione più arcaica e naturale adoperata da Dio e dall’uomo. Con Dio ed in Dio la parola ha un effetto creativo. Il testo sacro della Genesi lo annota: «Dio disse sia la luce e la luce fu» (Gen 1,3). Nel corso del tempo e della storia Dio ha intessuto le sue relazioni di amore e di guida del popolo attraverso la sua Parola, a cominciare da Abramo, Mosè, i suoi primi interlocutori e poi i sacerdoti, i re, i profeti che già nel nome evocano la loro vocazione di “portaparola” di Dio. La storia delle grandi vocazioni bibliche è contrassegnata da un rapporto verbale incisivo, a tu per tu con Dio che rende i suoi interlocutori “servi della parola”. «Dio ha parlato, chi non profetizzerà» afferma Amos (Am 3,8). Dopo aver parlato in tanti modi servendosi di persone ed avvenimenti, alla fine Dio ha parlato attraverso il suo Figlio Gesù (Eb 1,1). Il nome proprio che S. Giovanni evangelista attribuisce a Gesù, nome che completa quelli enumerati nel Vecchio Testamento è “Logos” in greco, “Verbum” in latino, “Parola” in italiano. Gesù è la Parola per eccellenza, parola di verità e di luce, termine ultimo della Rivelazione di Dio. È sapienza, amore, redenzione, risurrezione, via e vita. «Lazzaro vieni fuori», dice al suo amico e questi risuscita da morte (Gv 11,43-44). «Taci, calmati» sgrida il vento e dice al mare in tempesta e le onde si placano (Mc 4,39). «Nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina» dice Pietro allo storpio al Tempio di Gerusalemme (At 3,6) e lo storpio balza in piedi e si mette a camminare. Le parole hanno il loro peso. Una potrebbe essere insufficiente; due soverchie. Producono effetti diversi per come sono proclamate, accolte, ascoltate. Le parole si traducono in azioni. Un comando sbagliato, un pensiero delirante ed opportunista crea tensioni, scatena una guerra, può portare alla morte. «In genere le cose migliori sono anche le più fragili. È troppo fragile quello che si spezza con una sola parola o che va in rovina per la più piccola offesa al fratello» (S. Colombano). È molto importante che nella vita ci si sappia destreggiare adeguatamente tra pensieri, parole ed opere che costituiscono oltre che la materia del bene, l’oggetto del peccato da affidare al Signore nel mistero della Riconciliazione. «Le nostre orecchie sentono le nostre voci, le orecchie di Dio si aprono ai nostri pensieri», diceva S. Agostino. Un pensiero dolce, affabile, gentile, genera attenzione, concordia, accoglienza, condivisione e si traduce in gesti ed azioni di amore. Un pensiero debole, mellifluo, liquido, un pensiero cattivo, turpe e malefico può generare parole insulse, vuote, riottose e tradursi in azioni altrettanto malefiche, peccaminose e dannose. Tante persone prima agiscono e poi pensano e non sempre le loro azioni sono costruttive soprattutto quando sono determinate da pensieri di vendetta e sopraffazione, egoismo, dominio, superficialità, lussuria, orgoglio. Se vogliamo che la qualità della vita cristiana sia di valore è indispensabile coniugare il pensiero con la parola, la parola con l’azione. Dio che guarda, che vede nell’intimo, scruta e giudica i pensieri; accoglie l’azione buona, si accontenta di questa anche quando non è rifinita o conclusa, ricompensa abbondantemente col cento per uno. P. Angelo Sardone