La semina del mattino
48. «Chiederò conto del mio gregge, non li lascerò più pascolare» (Ez 34,10).
Il compito del pastore, del sacerdote, è carico di responsabilità, sia che si tratti di una sola pecora, come di un intero gregge a lui affidato. Il suo ruolo è la sua vita: interamente dedito alla cura ed alla prosperità del suo gregge, egli vive notte e giorno con le sue pecore in una amorosa simbiosi. Le conosce per nome, è affabile con le timide, forte con le superbe, tenero con le madri, medico per le malate, materno con gli agnelli, deciso con le sbandate. Le pecore come per istinto percepiscono la sua presenza già dalla voce, la sua bontà dalle carezze delle sue mani, dalla delicatezza vellutata nella mungitura. Ma ci sono eccezioni ieri come oggi. Un tratto profetico di Ezechiele è un duro rimbrotto contro quei pastori che non sono secondo il “Cuore di Dio” e non agiscono in conformità al loro compito. È una dura requisitoria all’ignavia di chi pasce se stesso invece di pascere il gregge, di chi non fascia le pecore ferite, non va in cerca delle smarrite, non riporta le disperse sui monti in preda delle bestie selvatiche; di chi non si cura del gregge. Allora il Signore gli si schiera contro: chiede conto del gregge, gli toglie il compito di pascolare, strappa di bocca le pecore perchè non siano più suo cibo. Si sostituisce Egli stesso nella ricerca delle pecore, nel passarle in rassegna per controllare se ci sono tutte, come stanno, come procedono, come producono. Per il pastore allora è la fine. Da 40 anni io sono pastore delle pecore che Dio mi ha affidato col ministero sacerdotale: pur con la mia povertà metto la mia vita ed il mio servizio di amore sempre in linea con le ingiunzioni del Signore ed il sacerdozio di Cristo al quale ogni giorno rendo conto del suo gregge. P. Angelo Sardone