La Pasqua è un nuovo inizio. Non si tratta solo di una annotazione cronologica, ma di una situazione teologica ed esistenziale. Essa coincide con la stagione annuale della Primavera e segna una sorta di ripartenza. La natura si risveglia, la vegetazione rifiorisce, tornano le rondini, si equilibrano i ritmi del giorno e della notte. Nella vita spirituale non può esistere il letargo: qualsiasi forma che lo richiama è micidiale e letale, perché la natura dello spirito è energia, vita, movimento continuo, anelito all’infinito. L’anno liturgico ha il suo centro proprio nel mistero pasquale che segna l’annullamento del tempo passato e l’inizio di una vita nuova nella grazia, libera dal condizionamento del peccato. Il benedettino Odo Casel (1886-1948), grande liturgista tedesco dello scorso secolo morto proprio il mattino di Pasqua del 1948, paragonava l’anno liturgico ad un anello nuziale, senza inizio e senza fine, ovvero dove l’inizio coincide con la fine, in una continuità limitata nel tempo dell’uomo sulla terra. Con la risurrezione di Cristo si è innestata nella storia e nella vita umana una dinamica il cui fine e la cui fine è finalizzata all’uscita da questo mondo creato e all’approdo ed inserimento nel mondo di Dio, la vita che non ha fine. I richiami e le indicazioni scritturistiche, soprattutto quelle di S. Paolo, sono chiare: la risurrezione di Cristo, specchio della nostra risurrezione, implica necessariamente uno sguardo volto verso le cose del cielo, le realtà eterne, la costante ricerca di esse. Tutto ciò implica una mentalità nuova, frutto di quella “metanoia”, il cambiamento proclamato dal Maestro all’inizio della sua predicazione, insieme con la scelta di fede nel Vangelo, presentati e stimolati ampiamente entro tutto l’arco del cammino quaresimale. Il silenzio della tomba vuota di Cristo è diventato il grido assordante di vita che attesta un passato relegato nella misericordia del Padre ed un futuro affidato alla sua Provvidenza. Ciò che resta all’uomo, al cristiano, oggi, è la contemplazione di queste realtà che esulano dagli spazi temporali e si proiettano verso l’aldilà con una pratica di vita più cosciente, illuminata dalla grazia e coerente agli impegni del Battesimo. Questo è il cammino che prepara al mistero della Pentecoste; è un itinerario segnato dalla segregazione nei cenacoli domestici delle nostre case per paura del contagio pandemico, che va però vissuto, nonostante la stanchezza e l’impazienza della libertà delle strade, dei giardini, delle relazioni sociali, della ripresa del lavoro, come tempo propizio e luogo di gestazione di un mondo migliore, di un futuro più umano e proporzionato alle reali capacità non illimitate dell’essere vivente creato da Dio ed a Lui sottomesso nell’amore. P. Angelo Sardone