«Dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22). Il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba si conclude con il ritorno ad Antiochia di Siria. Il sommario è positivo, nonostante le molteplici difficoltà e le cocenti tribolazioni sofferte soprattutto da parte dei Giudei, che vedevano in loro audaci sovvertitori della purezza della dottrina legata alla Torah e pericolosi assertori di novità della fede. Intanto la predicazione era corredata da interventi straordinari che la potenza del nome di Gesù aveva operato con guarigioni. Non mancano invettive loro indirizzate dai Giudei, particolarmente a Paolo a Listra, una città romana sulla strada da Efeso ad Antiochia, dove viene brutalmente lapidato a furor di popolo fino ad essere ritenuto morto. Ci volle l’accortezza di alcuni discepoli ad evitare il peggio, facendo cerchio attorno a lui permettendo che si alzasse ed entrasse nella città e l’indomani se ne andasse definitivamente. L’apostolo ha piena coscienza che la sua predicazione è costellata da molteplici tribolazioni e sofferenze, necessarie per entrare nel Regno di Dio. Già il Signore l’aveva preparato a tutto questo ed ora le sperimenta una per una nella durezza della prova talora eroica. Tante volte, nella mentalità comune dei cristiani, si pensa che sia tutto facile nella testimonianza e nella proposta del Vangelo di Cristo e che basta affidarsi a Dio che soccorrerà nelle tribolazioni. Non si sbaglia perché effettivamente il Signore sostiene e salva. Il problema è legato al fatto che non si può andare incontro ad una predicazione efficace se non con una preparazione adeguata ed un corredo di virtù, compreso il coraggio e la fermezza per affermare la verità del vangelo, in una società che lo respinge a cominciare talora, proprio dagli ambienti più sacri di vita, nella famiglia. P. Angelo Sardone