«Tu sei mio figlio: oggi io ti ho generato» (Sal 2,7). Nella Liturgia il termine «oggi» è un vocabolo-chiave che indica una realtà concreta e presente. «Ti ho generato», fa riferimento a chiunque Dio chiama alla vita, stringendo con lui un rapporto genitoriale intimo e profondo, analogo a quello tra una madre, un padre ed il proprio figlio. Attraverso l’amore e la mediazione dei miei genitori, come oggi, Dio ha soffiato nelle mie narici l’alito di vita ed io sono diventato un essere vivente, sono nato alla vita. Essere creatura umana è dono grande dell’amore di Dio e grazia incomparabile. Essere figlio è per me impegno e responsabilità che nel tempo si sono consolidati nella maturità umana e culturale e nello scorrere della mia vita sacerdotale. Sono nato una seconda volta nella fede cristiana col Battesimo ed una terza, sacerdote di Dio Altissimo, col Sacramento dell’Ordine. Al Padre ho chiesto «una cosa e questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario» (Sal 27,4). Sono grato ai miei genitori per avermi donato la vita e tutti i mezzi per viverla: la fede, l’educazione, la libertà, la moralità, la generosità. Ringrazio altresì tutti coloro che hanno reso feconda la mia vita e felice la mia esistenza: la mia famiglia di sangue, il mio parroco, le catechiste, i formatori, i confratelli Rogazionisti, le consorelle Figlie del Divino Zelo e tante, tante persone di tutte le età, uomini e donne di ogni estrazione sociale e collocazione geografica, giovani, famiglie, anziani, ammalati, amici veri, antichi e nuovi, con i quali e per i quali mi sono fatto tutto a tutti, padre, fratello ed amico. Ed anche loro per me. Chiedo una preghiera di gratitudine a Dio per il dono della vita. Assicuro un particolare ricordo sull’altare nella memoria liturgica di S. Martino di Tours col quale ripeto al Signore: «Se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà!». P. Angelo Sardone