«Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele» (Ger 18,6). L’uso delle parabole non appartiene solo al Nuovo Testamento. Gli antichi profeti, a cominciare da Samuele, spesso accompagnavano il loro ministero con gesti simbolici che esprimevano la realtà di quanto andavano dicendo. Anche il profeta Geremia compie molti gesti simbolici: la sua stessa vita è tutta una simbologia. Uno dei primi oracoli viene pronunziato a seguito della sua presenza presso la bottega di un vasaio che stava lavorando al tornio. Mentre modellava un vaso, capitava che si guastasse e con la stessa creta ne modellasse un altro. Da questa scena prende avvio l’intervento del Signore che comunica al suo popolo di agire proprio come il vasaio: nelle sue mani la grezza argilla acquista una forma ben definita, nel senso anche che il suo volere si adatta alle situazioni concrete di debolezza o di fedeltà d’Israele. Intanto sta preparando per Il suo popolo una calamità grande se non abbandonerà la perversa sua condotta e migliorerà le azioni e le abitudini. L’uso del termine argilla, che dal greco significa splendente, bianco, richiama etimologicamente la “purificazione”. Essa avviene quando ci si lascia andare nelle mani di Dio e ci si lascia plasmare in maniera adeguata come vasi di santità nei quali fare abitare lo Spirito. Ciò deve avvenire sin da piccoli, facendosi impostare e modellare da una formazione umana, civile e cristiana di valore, senza lasciare, come tanti purtroppo affermano, all’improvvisazione ed alla scelta responsabile che poi ciascuno farà da grande, mettendo in difficoltà la propria stabilità di forma e di consistenza spirituale. P. Angelo Sardone