«È un bambino degli Ebrei» (Es 2,6). La sorte avversa riservata agli Ebrei dal faraone di Egitto era segnata. La sciagura della strage innocente dei figli maschi, in un certo senso precede quello che avverrà con la nascita di Gesù. Questa volta il rischio grande del sovrappopolamento del popolo ospite fa paura per le ritorsioni che ci possono essere a causa dei lavori forzati e la potenza numerica degli ebrei ridotti a schiavi. L’inesorabile decreto di morte viene infranto da una sorprendente novità regolata e scandita dalla Provvidenza di Dio. Un bambino viene affidato alle sacre acque del Nilo, composto in un cestello cosparso di bitume e guardato a vista dalla sorellina più grande. La figlia del faraone scesa a farsi il bagno si avvede di questa presenza tra i giunchi, attratta dal pianto del bambino e dalla sua bellezza. Comprende che si tratta di un figlio di Ebrei. L’intelligente complicità della sorella che stava lì a guardare e l’azzardata proposta alla figlia del faraone di trovare lei stessa una donna ebrea in grado di allattarlo, fa il resto. Viene chiamata la madre stessa del bambino che, regolarmente stipendiata, dà il suo latte al figlio fino allo svezzamento. A questo bimbo viene imposto il nome di «Mosé», che significa salvato dalle acque. La figlia del faraone lo ritiene suo figlio e lo fa crescere nell’agiatezza conferendogli autorità, onore e potere. La tragedia del popolo ebreo, si avvia verso la soluzione finale che consisterà nella fuga dall’Egitto, nel ritorno sui passi dei padri nella Terra Promessa lungo un itinerario di 40 anni e di molteplici vicissitudini, guidato proprio da Mosé che si rivelerà condottiero di valore, obbediente al Signore nonostante alcuni vacillamenti di fede. Il Signore che regola e guida la storia, fa trovare sempre la soluzione anche alle situazioni più dolorose e disastrose, indirizzando il suo popolo verso il futuro, ieri come oggi. P. Angelo Sardone