«Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso» (Es 34,33). Il prolungato contatto con Diofu per Mosè un’esperienza straordinaria. I postumi gli rimasero in viso: la sua pelle era diventata raggiante, tanto da doversi mettere un velo sul viso. Il testo sacro riporta una tradizione che si riferisce ai raggi che il volto di Mosè emanava, come due corni. A questo si ispirò il grande Michelangelo quando tra il 1513 ed il 1515 riprodusse in una imponente scultura marmorea conservata nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, il famoso Mosè con una solennità e maestosità unica. Il profeta è seduto, con una folta barba con testa e sguardo rivolti a sinistra. Il braccio destro regge le tavole della Legge che sembrano rovesciate, come se fossero scivolate. Attorno alla scultura straordinaria per la bellezza artistica e reale è sorta la leggenda secondo la quale lo stesso Buonarroti dopo averla contemplata avrebbe percosso il ginocchio col martello ed esclamato «Perché non parli?». Ogni forte esperienza con Dio lascia il segno: la luce abbagliante che deriva dal contatto intimo col Signore, invade non solo il cuore, ma permea di splendore tutta la persona rendendola lucente e quasi inavvicinabile. Questo è il motivo per il quale i Santi spesso sono definiti fari o strade di luce. La penitenza corporale e l’intimità con Dio, soprattutto se protratti nel tempo, svuotano sempre più dell’umano e riempiono di sorprendente luce divina che abbaglia e diffonde luce intorno. P. Angelo Sardone