«Per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero» (Ef 3,3). Mistero e ministero sono due termini che ricorrono molto nel frasario paolino e nella trattazione teologica dell’Apostolo delle genti. Si rincorrono, si includono, si spiegano, si completano nell’esperienza pratica della fede cristiana enunciata dal grande evangelizzatore ed accolta dai cristiani delle varie comunità e Chiese da lui fondate. Il suo ministero è supportato fondamentalmente dal mistero ricevuto in dono nella Rivelazione, cioè lo svelamento operato da Cristo nei confronti del persecutore, abbattuto dal suo orgoglio fideistico incentrato sui concetti mosaici alla rigida scuola di Gamaliele. La sua preparazione teologica lo aveva reso provetto nella fede dei Padri, rigoroso nell’osservanza della Legge e “sprizzante odio” nei confronti degli adepti della nuova via aperta da Gesù Cristo di Nazaret che era stato crocifisso e testimoniato coraggiosamente nel suo martirio da Stefano, del quale aveva raccolto il mantello. Gesù lo attendeva sulla via di Damasco per comunicargli la ricchezza e la profondità della nuova dottrina incentrata proprio sul suo mistero di morte e risurrezione, come fondamento della fede cristiana con la caratteristica di apertura universale a tutte le genti, chiamate a condividere la stessa eredità e far parte dello stesso corpo della Chiesa, godendo della medesima promessa. Tutto questo, rivelato dallo Spirito agli Apostoli e ai profeti, ora diventava appannaggio significativo di colui che sarebbe diventato l’Apostolo per eccellenza. La rivelazione per Paolo come per ciascun cristiano, è dono di grazia che vince la resistenza talora ottusa ed orgogliosa della mente umana che non si abbandona a Dio, ma vuole a tutti i costi capire ed agire in forma autonoma. P. Angelo Sardone