«Ogni uomo è come l’erba e tutta la sua grazia è come un fiore del campo» (Is 40,6). Il profeta Isaia è senz’altro un genio religioso. La sua predicazione, i suoi insegnamenti hanno segnato non solo la sua epoca ma l’intero corso della vita del popolo di Israele, antico e nuovo. I tre personaggi identificati con lo stesso nome e vissuti in epoche diverse, sono tutti e tre straordinari per quanto comunicano con il loro scritto. In particolare, il cosiddetto «deuteroisaia», cioè il secondo Isaia del sec. VI a.C. pronunzia oracoli consolatori nei confronti del popolo prigioniero a Babilonia con la città di Gerusalemme conquistata e distrutta. La sua parola annunzia la restaurazione ormai vicina: Dio che non è solo creatore ma anche Salvatore, attraverso un nuovo esodo condurrà il suo popolo nella nuova Gerusalemme ancora più bella della prima. Nell’annuncio della liberazione Dio mette sulla bocca del profeta oracoli che richiamano l’uomo alla considerazione reale della sua identità. Qui, come in altri passi della Bibbia, il paragone letterario adoperato si rifà alla natura vegetale: «ogni uomo è come l’erba; tutta la sua gloria è come il fiore del campo». Questa immagine evoca la fragilità ed il carattere effimero dell’esistenza umana: dal mattino alla sera della vita, essa può finire inesorabilmente senza alcun preavviso. Come un fiore di campo fiorisce: investito da un vento, non c’è più (Sal 103,16); l’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa (Sal 144,4). A questa vita occorre dare valore e pieno significato dal momento che come un’ombra può dissolversi in un momento e lasciare nulla dietro di sé. P. Angelo Sardone