«Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia» (Es 1,22). Il secondo libro della Bibbia, l’Esodo, si apre col quadro angosciante della situazione del popolo di Israele in Egitto, vittima di un nuovo re che non aveva conosciuto Giuseppe. Benedetto da Dio, il popolo si era sviluppato grandemente e ciò destava preoccupazione nelle autorità egiziane che vedevano così un grave rischio e pericolo di supremazia. Per questo gli Ebrei erano costretti a lavori pesanti da schiavi, producendo mattoni a non finire per la costruzione delle due città di Ramses e Pitom. Le condizioni lavorative erano davvero disumane ed il sopruso faraonico faceva sentire sempre più il suo peso. Ciò era dettato dalla paura di essere sopraffatti da questo popolo che con il suo numero straordinario di componenti poteva ardire al comando dell’intero Egitto. Il faraone si risolse allora ad emanare una determinazione radicale con l’intento di frenare la nascita incalzante di nuove vite ebree. Comandò pertanto in maniera perentoria di uccidere ogni maschio nato dagli Ebrei gettandolo nel fiume Nilo e di lasciare in vita le femmine. Questo tentativo di bloccare la proliferazione ebrea funzionò relativamente. Il disegno di Dio prevedeva proprio da questa restrizione una evoluzione straordinaria del popolo attraverso un bimbo, salvato dalle acque del grande fiume, per farlo diventare il condottiero verso la liberazione e la presa definitiva della Terra Promessa. La storia di Dio e dei suoi rapporti con gli uomini comprende vicende dolorose, la potente sopraffazione degli egiziani, l’ingiunzione di morte per sopprimere nuove vite, ma poi, come in ogni tempo, riserva sviluppi provvidenziali straordinari. Questo succede anche oggi. P. Angelo Sardone