«Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense» (At 6,2). La comunità di Gerusalemme, sotto l’impulso dello Spirito e con la collaborazione fattiva degli Apostoli, cresce abbondantemente. Il cronista S. Luca riporta i particolari e il numero di coloro che si aggregano. Comincia a configurarsi una vera e propria società, che la tradizione cattolica poi chiamerà «perfetta», cioè la Chiesa, nella quale oltre i ruoli dirigenziali cominciano ad essere necessari i ministeri. Non era facile amministrare una grande quantità di persone provenienti da mondi, culture e sensibilità diverse, accomunate dalla Grazia e dal desiderio di seguire questa nuova via rappresentata da Cristo e dal suo mistero derivante soprattutto dalla risurrezione. Comincia a nascere qualche difficoltà organizzativa con relative proteste da parte di chi si sentiva trascurato. È il caso delle vedove di lingua greca che nella distribuzione dei pasti non avevano la stessa attenzione di quelle di lingua ebraica. La problematica comincia a farsi sentire e richiede un intervento. Gli apostoli chiariscono il loro ruolo: non possono trascurare la Parola di Dio, il suo annunzio e la preghiera per dedicarsi ad altro. Il compito specifico di chi dirige la comunità cristiana ha obiettivi chiari ed indispensabili e non può frammentarsi in altri impegni se pur nobili ma che assorbono tempo ed energie. Questo dato di fatto diviene la provvidenziale occasione per la costituzione dei diaconi, il cui termine nella lingua greca significa “servo”, perché possano dedicarsi al servizio delle mense. Occorrono persone comprovate in onestá, buona fama e sapienza. La scelta cade su sette, in particolare, che si distinguono per queste caratteristiche ed immediatamente entrano in azione. Il loro compito in seguito si allargherà ad altre mansioni. P. Angelo Sardone