- «Pietà di me, Signore, Figlio di Davide» (Mt 15,22).
Qualunque invocazione si innalza al cielo, Dio l’accoglie. In particolare non restano indifferenti al suo cuore le richieste di chi soffre e per chi soffre. La sua grandezza si manifesta nella generosità verso le creature, che, a qualunque popolo o nazione appartengano, si rivolgono a Lui con fede. Il suo modo di rispondere non sempre corrisponde a come l’uomo vorrebbe che fosse: immediato, sollecito, pieno. La sua risposta è condizionata da un comprovato atteggiamento di fede da parte del richiedente, cui si associa, l’insistenza, l’umiltà ed il riconoscimento della divinità di Cristo. Il grido della donna Cananea pieno di straziante dolore per la situazione particolare della figlia molto tormentata dal demonio, risuona forte, insistente e continuo e si concentra in due mirabili espressioni: «Pietà di me, Signore!» e «Signore, aiutami!», entrambe formidabili manifestazioni di fede. Gesù che prima era rimasto indifferente non degnandola neppure di una parola, apprezza la fede della donna, che, nonostante sia una straniera, riconosce la sua divinità e lo invoca Figlio di Davide. Confermando il suo ruolo di salvatore delle pecore perdute di Israele, la mette alla prova con il segno del pane destinato ai figli (gli Israeliti) che non può essere gettato ai cagnolini (gli stranieri). Il bisogno si fa intelligente virtù: riconoscendo che anche le briciole cadute dalla tavola dei padroni possono sfamare i cagnolini, la Cananea vince la resistenza di Gesù che, riconosciuta la grandezza e la maturità della sua fede, le concede quanto richiesto. P. Angelo Sardone