«Filippo, prendendo la parola e partendo da quel passo della Scrittura, annunciò a lui Gesù» (At 8,35). Accanto agli Apostoli ed in comunione con loro i primi Diaconi svilupparono il servizio della Parola. Stefano prima, Filippo dopo, furono al centro della cronaca debitamente documentata da S. Luca. Lo Spirito Santo guida e dirige la loro azione pastorale. L’abilità, la sottigliezza ed il coraggio di Stefano gli procurano la lapidazione e la morte. Per Filippo le cose vanno diversamente. Obbediente allo Spirito, si dirige sulla strada che da Gerusalemme conduce a Gaza. Qui si imbatte in un Etíope, eunùco della corte di Candàce, regina di Etiòpia, amministratore dei suoi beni, che, terminato il culto a Gerusalemme, seduto sul suo carro tornava in patria e nel frattempo leggeva il profeta Isaìa. Sollecitato da Filippo gli chiede di spiegargli di quale personaggio si trattava nella pericope che stava appena leggendo, il quarto Carme del servo di Jahwé. Prendendo la parola il diacono gli spiega tutto fino a giungere a Gesù, il personaggio che in visione il profeta aveva visto e cantato, al mistero della sua morte e risurrezione ed alla necessità per i suoi seguaci di battezzarsi e credere in Lui. Filippo fa una catechesi straordinaria, precisa e convincente, fino al punto da indurre l’etiope a chiedere spontaneamente il Battesimo. È l’attrazione di cui parla anche papa Francesco e non il proselitismo che a volte è controproducente. Se parla lo Spirito tutto va bene; se parla solo la bocca e non il cuore o la convinzione di un evangelizzatore anche colto, tutto è fugace e senza futuro. Filippo sparisce. L’evangelizzatore vero dona e poi va via. Chi rimane solo a rimpiangerlo e non si muove autonomamente, forse ha capito ben poco di lui e della fede. P. Angelo Sardone