«A tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!» (Rm 1,7). Termina così l’indirizzo di saluto che apre la corposa lettera che S. Paolo scrive agli abitanti di Roma. Seguendo lo schema classico che si usava nel suo tempo, l‘Apostolo, con una forma nuova e cristiana, si rivolge ai suoi destinatari evidenziando il mittente, formulando una sintesi teologica dello scritto ed indicando i destinatari. Benché non sia stato parte integrante del collegio dei dodici chiamati ed inviati da Cristo, Paolo nella tradizione cristiana diventerà l’apostolo per eccellenza per la sua eccezionale personalità e la consistenza numerica e qualitativa delle sue lettere. La lettera ai Romani fu scritta da Corinto nell’inverno del 57-58, quando Paolo stava per partire per Gerusalemme e di là seguitare per Roma e la Spagna. Non aveva lui fondato la comunità cristiana dell’Urbe ma la conosceva attraverso i coniugi Aquila e Priscilla che si erano accompagnati a lui, come una comunità di convertiti dal paganesimo e dal giudaismo. A Roma gli ebrei erano presenti sin dal 161 a.C. come mercanti e schiavi liberati. Nell’epoca imperiale la comunità ebraica divenne importantissima perché tanti che facevano riferimento ad almeno dodici sinagoghe, avevano cariche sociali e istituzionali, quali insegnanti e rabbini, artigiani e mercanti, uomini di cultura. «Amati da Dio e santi per chiamata di Dio», sono gli epiteti iniziali che l’apostolo riserva ai primi cristiani di Roma ai quali rivolge un saluto di pace sostenuto dalla grazia da parte di Dio Padre e del Figlio Gesù. P. Angelo Sardone