«Vite rigogliosa era Israele, che dava sempre il suo frutto» (Os 10,1). Con questi termini il profeta Osea definisce il popolo di Israele, rigoglioso nel suo essere e nei suoi frutti. Amato e condotto da Dio, era stato da Lui rivestito di ogni grazia spirituale e materiale. Ma l’abbondanza materiale ed il godimento del favore di Dio gli fu fatale perché determinò nella sua instabile fede, un vero e proprio disorientamento, accentuando facili illusioni e cocenti delusioni. A causa dell’infedeltà il popolo fu abbandonato a se stesso ed indotto a tornare al Signore. In questa prospettiva si inscrive l’eroicità di virtù in vita ed in morte di S. Maria Goretti (1890-1902), vittima innocente ad appena 12 anni, delle pulsioni istintive di Alessandro Serenelli suo carnefice ed uccisore. Di essa si celebra oggi la memoria liturgica. Solerte lavoratrice accanto alla mamma Assunta rimasta vedova ed impegnata nel lavoro dei campi nell’Agro Pontino, dopo la prima Comunione aveva maturato nel suo cuore il proposito di mantenersi casta nel corpo e di morire piuttosto che commettere peccati. In maniera completamente diversa, la pensava il diciottenne Alessandro Serenelli che, invaghito della fanciulla, fu accecato dalla passione, fino a tentare di violentarla. Non avendo raggiunto il suo scopo, scaricó tutta la furia istintiva sul suo corpo inerme della povera fanciulla colpendola per quattordici volte con un punteruolo. Il perdono ricevuto dalla santa vittima, dopo aver scontato il carcere, lo indussero al pentimento ed al ritorno a Dio. La vite rigogliosa della verginità e del martirio ha dato i suoi frutti non solo con la conversione dell’assassino ma anche con l’eloquente testimonianza di custodia fino alla morte, della bella virtù della purezza, oggi non sempre compresa ed evangelizzata, talora finanche ridicolizzata. P. Angelo Sardone