«Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18). Nelle Lettere di S. Paolo spesso le situazioni di attualità si proiettano o si contrappongono con quelle definitive, lasciando intravvedere una tensione verso il futuro. Ciò esprime speranza ed attesa. Guardando Gesù Cristo e considerando il suo amore manifestato con l’umiliazione della croce e la sua glorificazione, le sofferenze del momento, per quanto grandi possano essere, non sono paragonabili alla gloria futura verso la quale tendono e si collegano. Essa sarà manifestata in pienezza nella risurrezione personale. La sofferenza e la gloria sono elementi di un polarismo che si integra e si ampia nelle categorie spazio-temporali. La sofferenza è compagna stabile dell’uomo nel tempo della vita: ogni cosa creata soffre, proprio come le doglie del parto, nel dinamismo della rigenerazione. La gloria si riferisce alla vita futura. La sofferenza dell’umanità di sempre, immersa nella caducità e nella corruzione delle cose, è determinata dall’attesa della salvezza. Ma Dio non è lontano. L’adozione a figli elude la lontananza per mezzo di Gesù che ha compiuto le promesse del Padre. L’attesa fa parte anch’essa dell’uomo e della cronologia della sua storia. Si vive nella fede e non nella visione, attendendo la pace e la gioia duratura. Un grande senso di speranza deriva da queste considerazioni, conforta nelle tribolazioni attuali e le proietta con fiducia verso le cose ultime come il compimento ed il fine stesso della vita. P. Angelo Sardone