«Ecco, vi farò affondare nella terra, come affonda un carro quando è tutto carico di covoni» (Am 2,13). Amos è stato certamente un grande profeta, anche se è annoverato tra i cosiddetti “minori” per via della consistenza quantitativa del suo libro. Proveniva da Tekoa in Giudea, non era profeta di professione ma un mandriano e raccoglitore di fichi. Agiva in forza di una chiamata specifica da lui stesso raccontata nel libro omonimo, il più antico tra i libri profetici, che contiene i discorsi fatti tra il 760 ed il 750 a.C. in un tempo di prosperità e di pace. Ma il lusso dei potenti e dei grandi è in contrasto con la povertà dei miseri, lo splendore del culto abbaglia e non evidenzia la mancanza di una religione vera. Nella sezione iniziale del libro, indicata come “giudizio sui popoli”, si rileva quello contro Israele che dovrà attendersi il giudizio perché i suoi crimini sono più gravi di quelli degli altri popoli e grande è la sua responsabilità. Per questo condanna la corruzione della vita, le ingiustizie sociali, la falsa sicurezza e lo sfarzo dei riti che non si collegano con la realtà della vita dei poveri. Nonostante ci siano di mezzo secoli di storia e di vita umana, la realtà descritta sembra fotografare per tanti versi situazioni che si sono ripetute nel corso del tempo e che ancora oggi richiedono una voce vigorosa, che sferzi la sontuosità di riti, le celebrazioni vuote, ed esalti la verità delle esigenze e dei bisogni primari in ordine alla vita ed allo spirito. Una mania pericolosa e subdola sembra talora avvolgere anche alcune frange di ecclesiastici, con una ritualità fascinosa di merletti, code e consensi, a fronte di problemi più gravi ed esistenziali. P. Angelo Sardone