Mattutino di speranza, 29 giugno 2020.
Il martirio sancisce col sangue la testimonianza più autentica e vera di un amore senza limiti. Gesù lo ha affermato con chiarezza e lo ha inciso nel nuovo codice comportamentale per i suoi seguaci: «Non esiste amore più grande di questo: dare la vita per chi si ama» (Gv 15,13). Le parole più vere ed efficaci sono quelle macchiate di sangue, il sangue che non grida vendetta ma manifesta la piena adesione ed unità col sangue che Cristo ha versato nella sua passione e morte per la redenzione dell’uomo. Il sangue versato convince ed attira molto più delle parole. Nella tradizione cristiana è proverbiale ed eloquente un’espressione di Tertulliano, prete del II secolo: «Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Il termine martire proviene dal lessico greco e significa testimone. Sin dai primi tempi del Cristianesimo furono designati martiri prima di tutto gli Apostoli, testimoni qualificati della vita e della resurrezione di Cristo; in seguito coloro che professavano la verità della fede cristiana nelle persecuzioni con coraggio ed invitto vigore fino all’effusione del sangue. La verità rivelata lo conferma: «Essi sono coloro che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello» (Apc 7,14). La solennità odierna dei santi Pietro e Paolo, rimarca la verità della testimonianza cruenta con la scelta fondamentale della vita al servizio del vangelo, di due colossi della fede cristiana: il pescatore di Galilea e l’apostolo delle genti, il confermatore dei fratelli ed il missionario, il rinnegatore ed il persecutore, colui al quale sono state consegnate le chiavi del Regno e colui che è stato portato al terzo cielo, l’impulsivo ed il sanguigno, accomunati dalla stessa passione di amore per Gesù, dallo stesso ultimo luogo di testimonianza, Roma, dal medesimo versamento del sangue col martirio. Entrambi hanno un nome nuovo: Cefa diventa Pietro, da pietra: su di lui Cristo edificherà la sua Chiesa. Saulo diventa Paolo, piccolo, ma grande nella portata eccezionale del suo insegnamento e della sua dottrina. La crocifissione per Pietro, a testimonianza coraggiosa del medesimo martirio del Maestro, la decapitazione per Paolo, pena riservata a chi aveva la cittadinanza romana, avvennero nella capitale di un immenso impero, destinata da allora a diventare il centro del Cristianesimo. Lo Spirito Santo ricevuto nella Pentecoste trasformò Pietro in coraggioso banditore della risurrezione e lo espose al giudizio violento ed alla feroce condanna prima dei Giudei poi dei Romani. Cristo Gesù da lui perseguitato nella persona dei primi cristiani, gettò a terra Paolo sulla via di Damasco e lo trasformò in vaso di elezione, evangelizzatore intrepido e infaticabile missionario. Mentre Pietro, il pastore confermato da Gesù nel suo ministero di pascere pecore ed agnelli è rinchiuso in carcere a causa dell’annunzio esplicito della responsabilità dei Giudei nella crocifissione e morte di Gesù, la Chiesa unanime prega incessantemente per lui. Cintura, sandali e mantello sono il corredo non solo del suo vestiario, ma del servizio rinvigorito dalla forza della grazia e dalla potenza dello Spirito, timoniere della Chiesa. Le porte della prigione di Gerusalemme si aprono davanti a lui e può riprendere liberamente ad insegnare ed evangelizzare con coraggio. I viaggi missionari con la passione dell’annunzio del vangelo ai pagani, rendono Paolo il testimone coraggioso, intelligente ed indomito, il grande provocatore del vangelo. Entrambi vantano un primato: Pietro nel collegio apostolico, Paolo nella dottrina e nella forza della comunicazione della fede in Cristo Gesù morto e risorto. Il primato di Pietro è voluto direttamente da Gesù; l’elezione di Paolo, avvenuta già nel seno materno, lo rende apostolo delle genti, l’apostolo per eccellenza. La vita cristiana si alimenta oltre che dal Vangelo e dai Sacramenti, dalla testimonianza di coloro che hanno dato la vita per Cristo. Il martirio oggi non è semplicemente quello cruento, col versamento del sangue, anche se non mancano testimonianze frequenti di questa scelta e di questo dono. Vi è un martirio ordinario, giornaliero che è fatto di semplicità, di ripetitività, di pienezza di adesione al vangelo, che testimonia l’amore più grande vissuto tante volte nel nascondimento ma con una efficace e sorprendente azione evangelizzatrice, fino alla morte. La morte infatti sancisce la qualità della vita. Un grande teologo, il gesuita Karl Rahner diceva che «il martirio è semplicemente la morte cristiana. Questa morte è quella che dovrebbe essere in assoluto la morte cristiana». Come nella morte di Cristo si rivela la vera identità della sua persona divina che è la base della confessione autentica di vita cristiana, così nella morte dei martiri, antichi e moderni, cruenta o nell’ordinarietà della vita, si manifesta la grandezza di Dio e la tenuta consistente della risposta di amore del cristiano. Il Signore che libera da ogni paura, è sempre vicino e dà forza; aiuta a portare a compimento l’annuncio del Vangelo e spinge a diventare testimoni credibili della verità di quanto si vive e soprattutto di come si vive. Auguri affettuosi e fraterni a tutti coloro che portano il nome dei due santi martiri Pietro e Paolo. P. Angelo Sardone