«Coloro che commettono il peccato e l’ingiustizia sono nemici di se stessi» (Tb 12,10). Terminate le feste nuziali, Tobi raccomanda al figlio Tobia di ricompensare in maniera adeguata il compagno di viaggio, donandogli la metà dei beni riportati dalla Media. Essi sono ignari che si tratti di un angelo e non di un accompagnatore comune. Ci pensa lo stesso Raffaele a dichiarare la sua entità chiamandoli tutti e due in disparte e parlando loro apertamente. È uno dei sette angeli che stanno sempre al cospetto del Signore e sono pronti ad ogni suo cenno. Il suo insegnamento è molto eloquente. Li invita a benedire Dio, a fare conoscere a tutti le opere di Dio e a ringraziarlo, a fare sempre il bene per avere la garanzia di non essere colpiti dal male, a pregare con il digiuno, l’elemosina e la giustizia. Coloro che fanno l’elemosina, infatti, hanno lunga vita perché questo gesto di carità salva dalla morte e purifica dal peccato. L’attestato della preghiera comune di Tobia e Sara è presentato a Dio proprio dagli Angeli, valenti intercessori, come l’azione del seppellire i morti da parte di Tobi. L’amore per se stessi porta ad evitare di compiere il male e l’ingiustizia perché questi atti nuocciono al bene personale e comunitario. La presenza degli angeli nella vita dei cristiani deve essere ben compresa ed accolta. Oggi sembra prevalere una mania pericolosa di devozionismo verso gli angeli, attestata da comportamenti pseudo-religiosi che si intersecano facilmente con devozione e superstizione, richiesta di grazie e vita in peccato, tradendo la vera identità e funzione di questi spiriti celesti che sono accanto all’uomo non per loro iniziativa ma per volontà di Dio che tutto volge al bene. P. Angelo Sardone