«Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1 Sam 3,10). Svezzato e condotto da Anna al tempio di Silo, dove si trovava l’Arca di Dio, il piccolo Samuele entra a servizio del Signore sotto la guida del sacerdote Eli. Si compie così il voto che la mamma aveva solennemente fatto al Signore nella richiesta di un figlio per il suo grembo sterile. Una notte, mentre tutto tace ed il piccolo dorme, si ode la voce che chiama «Samuele, Samuele». Pensando che sia Eli a chiamarlo il piccolo corre da lui. E ciò per due volte sentendosi ripetere «Non sono io che ti chiamo». Poiché per la terza volta si ripete la voce e la corsa, Eli comprende che è il Signore che sta chiamando il ragazzo, nonostante che egli non lo conosca ancora e dato che in quei tempi la Parola di Dio era molto rara. Lo mette in guardia suggerendogli semplicemente di rispondere «Parla perché il tuo servo ti ascolta». Si spiega così la chiamata di Samuele al profetismo. Nel corso della storia questo quadretto è divenuto il prototipo della vocazione sacerdotale e religiosa. Per esso sono state scritte tantissime pagine di commento e si propone ogni volta che si intraprende un cammino di discernimento vocazionale. Anche i nostri tempi sono difficoltosi e nonostante il Signore parli stanno diventando sempre meno le risposte. La vocazione di Samuele in un certo senso già preordinata prima ancora della sua nascita, si realizza nel tempio, il luogo sacro dove sta accanto al Signore ed è più facile cogliere la sua voce. È importante la mediazione sacerdotale dei diversi Eli di oggi che sappiano sapientemente e prudentemente cogliere il senso della vera chiamata ed indurre colui che l’ha ricevuto a disporsi con libertà e sollecitudine nell’accoglienza. P. Angelo Sardone