«Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro» (Ger 1,7). Il libro di Geremia, uno dei cosiddetti “profeti maggiori”, riporta da principio la storia del giovane profeta, contrassegnata dalla chiamata ricevuta da Dio. Siamo intorno al 626 a.C. il periodo più tragico che prepara la disfatta e la distruzione di Gerusalemme del 587 a.C. Gli avvenimenti della sua vita personale sono più noti di quelli di altri profeti. Con particolari accenti di commozione egli descrive la storia della sua vocazione. I parametri temporali sono quelli ancor prima della nascita: sin da allora egli era stato consacrato, cioè apparteneva al Signore per la sua missione profetica. Come Isaia, Geremia fa presente la sua giovane età e l’incapacità di parlare. Dio stronca ogni obiezione invitandolo a non dire queste cose, ma ad andare da quelli cui Dio lo manderà e dire tutto ciò che gli sarà stato comandato, senza temere alcuno perché Dio gli sarà vicino per proteggerlo. La storia di ogni vocazione, soprattutto quella di speciale consacrazione, è spesso contrassegnata da questi elementi che rendono “particolare” il chiamato non per quello che è ma per quanto riceve da Dio in vista della missione da compiere. Non ci deve essere paura dinanzi alle immancabili difficoltà determinate da eventi e persone perché non solo c’è la garanzia di avere Dio al fianco, ma anche e soprattutto perché è la Parola che lo guida e lo protegge dinanzi a contraddizioni, avversità e pericoli. Chi ha coscienza di ciò riesce in tutto. Chi pensa che tutto dipenda da sé e dalle proprie capacità, rimane impacciato. Se poi è acclamato ed osannato da evanescenti e sdolcinate presenze, il gioco dura poco e il suo ricordo cade presto in oblio. P. Angelo Sardone