«A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare» (Sir 15,20). Il lungo Libro del Siracide, 51 capitoli, nel linguaggio greco «Sapienza di Gesù figlio di Sirach», direttore della scuola sapienziale a Gerusalemme tra il III ed il II secolo a.C., fu denominato da S. Cipriano «ecclesiastico» per l’uso che se ne faceva nella Chiesa primitiva. Appartiene alla sezione biblica detta didattico-sapienziale. Affronta temi diversi senza un ordine ben preciso, dalla storia sacra al destino dell’uomo, dalla osservanza della legge identificata nella sapienza, alla pratica del culto. Comprende molti detti saggi a volte raggruppati attorno ad un tema. Uno di questi è la libertà umana, stigmatizzata in alcuni versetti che la Liturgia propone nella celebrazione della S. Messa. Nella mentalità vetero-testamentaria essa non è concepita come concetto sociale né tanto meno teologico. Essere libero vuol dire non essere schiavo. Ma dal momento c’era che il pericolo incombente della mentalità ellenistica il testo chiarisce che l’osservanza dei comandamenti di Dio dipende dalla libera volontà dell’uomo che ha possibilità e capacità di scegliere tra le estremità contrapposte.
La stessa sapienza di Dio pone i comandamenti dinanzi alla libera volontà dell’uomo perché possa scegliere nonostante la sua limitata visuale e la sua intenzionalità. Nella sua libertà l’uomo sbaglia e diviene così empio, ma ciò non appartiene a Dio che «non ha dato a nessuno il permesso di peccare» né tanto meno ha comandato il male. Si diviene davvero sapiente quando nonostante la piena libertà di adeguarsi o meno all’osservanza della legge, naturale e positiva, uno la osserva tenendo conto che è frutto della sapienza divina. La libertà del cristiano è governata dalla presenza dello Spirito Santo, dal momento che dove è lo Spirito ivi è la libertà (2Cor 3,17). P. Angelo Sardone