- «Ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno» (At 20,25). Paolo è a Mileto. Prevedendo di andare a Gerusalemme senza sapere ciò che gli accadrà, avendo piena coscienza illuminata dallo Spirito che di città in città l’attendono tribolazioni e catene per amore del Signore, manda a chiamare i capi della Comunità cristiana di Efeso. Con loro intesse un intenso discorso di addio, uno degli elementi più toccanti dell’intera Scrittura, che evidenzia la straordinaria portata umana della identità paolina e del suo ministero. Dopo aver fatto memoria del suo apostolato e dei suoi comportamenti relazionali, sottolineando il lavoro fatto tra mille tribolazioni ed opposizioni da parte dei Giudei senza tirarsi mai indietro annunciando e proclamando la verità di Cristo ed il suo Vangelo, Egli dichiara la inutilità della sua vita pur di portare a compimento l’incarico ricevuto. La conclusione si colora di mestizia con l’annuncio che non vedranno più il suo volto. L’allusione è chiara: non ritornerà più in mezzo a loro perché portato altrove, presagendo anche la morte. È un tratto bellissimo, confidenziale, profondamente umano, a corredo di un ministero realizzato in mezzo a tante difficoltà ma con la fermezza del Vangelo ed il coraggio ardito della fede. Questa esperienza è tante volte la conclusione temporanea o perenne del ministero di tanti sacerdoti che per l’età, la malattia o l’impegno pastorale altrove, salutano le loro comunità e si lasciano andare in espressioni dense di tanta umanità, segno di un amore profondo. Quanta ammirazione dinanzi a tanta consapevolezza e quanta dolcezza in simili circostanze! P. Angelo Sardone