Quando sembra che tutto vacilli, quando la fede barcolla, quando vengono a mancare i sostegni indispensabili ed ogni certezza viene meno, allora è tempo di sperare. Si dice che la speranza è la virtù dei forti: essa, come disposizione abituale a fare il bene, «rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova» (Catechismo Chiesa Cattolica, 1808). Siamo nella prova, forse la più dura per queste generazioni e per questi tempi. E’ necessario tenere duro, avere pazienza e rafforzare ogni giorno la decisione di resistere, abbandonarsi alla certezza che Dio è con noi, Lui che ha vinto il male, la malattia, la morte. Siamo in difficoltà da ogni parte. Il buonsenso ed un briciolo di fede matura ci aiuta ad «applicarci con maggiore impegno alle cose udite per non essere sospinti fuori rotta» (Eb 2,1). E’ un rischio ed un pericolo reale. Facilmente si può andare fuori rotta con la mente, con i comportamenti, con le scelte, con gli equilibri che saltano. Ogni nuovo giorno, annunziato dal sole che torna a nascere, è tempo propizio per ascoltare la coscienza, per sintonizzarsi con la Parola di Dio proposta dalla Liturgia e dalla Celebrazione eucaristica, per comprenderla meglio, per reagire con forza, per cambiare alcune abitudini non buone di vita. Si protrae la sosta in casa: anche se imposta dalle attuali necessità, senza l’indispensabile sostegno sacramentale e l’assenza di dinamica relazionale urbana fatta di incontri reali, condivisione di parole e di gesti concreti, essa può essere feconda se è sostenuta dalla speranza. La speranza si nutre di preghiera e la preghiera non è evasione, ma “invasione” di Dio nella vita, per darle certezza, forza, coraggio. La speranza per noi cristiani non è semplicemente un concetto o una virtù, è un atteggiamento che apre ad un incontro fecondo, ad un rapporto d’amore appagante, nel quale quello che diamo è la minima parte in confronto a ciò che riceviamo. P. Angelo Sardone