Mattutino di speranza
8 giugno 2020
Luce, splendore e grazia sono doni che provengono dall’alto e sono frutto della contemplazione del mistero di Dio. In esso ci si immerge non tanto per capire quanto per lasciarsi andare ed amare. Dal mistero della santissima Trinità si apprende il gioco eterno dell’amore che è generosità nel dono, oblazione nel servizio, perseveranza nel cammino di santificazione. La vita cristiana acquista senso e vigore nella misura in cui ci si inebria e ci si lascia guidare da queste realtà che superano l’aspetto meramente conoscitivo: mentre si manifestano in estasi e abbandono fiducioso, devono tradursi in percorso di vita coerente, dove le azioni corrispondano a quanto si professa con le labbra. Questo vale per tutti, preti e laici, consacrati e fedeli comuni. Queste realtà rendono attiva la vita ed autentiche le operazioni perché fecondano di verità l’intimo del cuore e lo predispongono a qualunque azione di amore, l’amore “più grande” di cui parla Gesù nel discorso d’intimità nel Cenacolo prima della passione e morte (Gv 15,13). La luce che viene da Dio è verità, evidenza; è calore, è vita. Lo splendore che rifulge sul volto di Cristo è la rivelazione del Padre: abbaglia, e converte la cecità umana in apertura di mente e di cuore per accogliere il mistero e tradurlo in vita. La grazia è la vita stessa di Dio in noi: attraverso la ricerca sincera di Lui e, per noi cristiani, la pratica corretta e responsabile dei sacramenti, produce gli effetti della pace, della serenità e della vera felicità. Questi elementi, per volere del Signore, passano attraverso la mediazione della Chiesa, la vita ed il ministero dei sacerdoti, deputati al servizio esclusivo del popolo di Dio, come pastori vigilanti, vignaioli esperti, pescatori fiduciosi, padri e guide illuminate, a seconda delle diverse identità, capacità, relazioni, uffici e ministeri. Il tutto in dimensione assoluta di dono e senza alcun interesse se non il bene delle anime. Tutta la vita del sacerdote è un dono, in tutti i momenti della sua giornata ed in tutte le sue intenzioni e le azioni che compie, da quelle del rapporto intimo col Signore a quelle che interessano, coinvolgono e servono le persone. La sua formazione, la sua vita, i suoi interessi, la sua eredità, sono il popolo di Dio per il quale spende l’intera sua esistenza, tempo, capacità, talenti, lagrime. Quanto è importante che l’uomo di Dio sia accorto, maturo, «completo e ben preparato per ogni opera buona” (2Tim 3,17) che «eviti le chiacchiere vuote» (1 Tim 6, 20), che annunci «la Parola, insista al momento opportuno e non opportuno, ammonisca, rimproveri, esorti con ogni magnanimità e insegnamento, vigili attentamente, sopporti le sofferenze, compia la sua opera di annunciatore del Vangelo, adempia il suo ministero» (2 Tim 4,2-5). Quanto è importante che la sua vita risplenda della luce che gli viene da Dio nella contemplazione e nella celebrazione dei divini misteri. Che i suoi occhi rivelino la purezza del suo cuore, che le sue mani accarezzino senza trattenere, che il suo cuore doni consolazione, effonda amore a profusione e mantenga il necessario distacco che è segno di equilibrio, maturità e capacità di intervento efficace. Quanto è importante che sia un uomo di preghiera e che nella preghiera porti ogni giorno tutti quelli che Dio gli ha affidato, soprattutto le persone che costituiscono un mistero nella sua vita. Quanto è importante che, come dicevano i Santi, quando è con Dio parli a Lui della sua gente, e quando è con i fratelli ed i suoi figli parli loro di Dio! Quanto è indispensabile che insegni ad amare Dio e manifesti questo amore con i suoi pensieri, le sue azioni, la sua piena disponibilità. L’uomo di Dio può non emettere fascino, ma guai se non emette la grazia e non è trasparenza di Cristo! Non è strumento estetico che procura sensazioni passeggere e caduche; la sua bellezza non è quella fisica, ma interiore, legata al rigore della sua impostazione di vita spirituale e relazionale. La sua fortezza dà forza e certezza a chi lo ascolta, a chi, attraverso lui, vuole realmente amare e seguire Gesù. Il popolo di Dio ha occhio fino. I laici, qualunque età essi abbiano, devono comprendere meglio che la felicità caduca dovuta ai sensi, alle emozioni, alle facili sensazioni di benessere psicologico ed anche fisico, tante volte lasciano nel cuore e nel corpo delusione ed amarezza, perché sono prodotti stagionali collocati sul bancone della vendita anche giornaliera, dal furbo commerciante di parole allettanti e di sensazioni facilmente coinvolgenti. La gente seria e matura comprende che l’amore del sacerdote passa attraverso la sua passione e la sua morte. Tante volte, purtroppo ciò si capisce dopo, quando potrebbe essere anche troppo tardi. In questo percorso di vita, al limite del mio esodo quarantennale di sacerdozio, il Signore mi dia la grazia, come fu per Giosuè, di aprirmi alla prospettiva definitiva della sua terra promessa della quale, insieme con le erbe amare ed il deserto, ho già gustato abbondantemente il latte, il miele ed intravisto l’orizzonte terso ed infinito del Paradiso. P. Angelo Sardone