«Signore Dio, grande e tremendo, fedele all’alleanza, benevolo abbiamo peccato e abbiamo operato da malvagi e da empi, siamo stati ribelli» (Dn 9,4-5). Spesso nella Bibbia la preghiera non è solo invocazione, supplica o lode, ma anche richiesta di perdono e propiziazione. È assolutamente vero quando si dice che nella Sacra Scrittura si trovano le più belle preghiere che ruotano ed evidenziano le molteplici situazioni umane. Nel caso del profeta Daniele e della preghiera riportata nel capitolo 9 del suo libro, si tratta di una invocazione fiduciosa, umile con profonde reminiscenze bibliche che l’accostano ad altre come quella di Azaria ed ispira l’altra di Baruc. Digiuno, veste di sacco e cenere sono gli elementi base entro i quali si colloca la preghiera. Dopo la constatazione dell’identità di Dio grande e tremendo, fedele all’alleanza, benevolo verso tutti coloro che lo amano ed osservano i comandamenti, il profeta ammette il peccato suo e della sua gente, l’allontanamento dalla legge, la disobbedienza ai profeti, suoi porta-parole. Nel contempo distingue la giustizia che appartiene a Dio e la vergogna che è propria di chi ammette il proprio peccato e si pente. Benevolenza e misericordia si addicono a Dio e sono complementari alla giustizia e verità. Il Vangelo questo insegna e ribadisce: alla fedeltà di Dio deve corrispondere la fedeltà dell’uomo. La ribellione dell’uomo partendo da quella di Adamo ed Eva deve essere superata dall’accoglienza umile del potere di Dio che prima di ogni cosa verte sull’amore e sulla giustizia. Questo non bisogna dimenticarlo mai. P. Angelo Sardone