«Non sappiamo come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26). La preghiera cristiana è fatta di attesa e di speranza. La debolezza propria dell’uomo viene soccorsa da un agente esterno e superiore, lo Spirito Santo che si unisce alla maniera umana e fa desiderare ciò che Dio desidera. L’uomo lasciato a se stesso, vittima della sua sofferenza e succube della potenza del maligno non prega bene, cioè non prega come si addice alla sua condizione di figlio che ha fiducia nel padre ed a lui si abbandona, anzi addirittura può chiedere male (Gc 4,3-5). Lo Spirito che conosce la debolezza umana si inserisce nella dinamica relazionale della creatura col Creatore, diviene mediatore di preghiera e la esprime a suo vantaggio. L’intervento dello Spirito si compie nel cuore e nella mente dell’uomo, nella sua personalità più completa, realtà accessibili a Dio e si realizza con gemiti che l’uomo non può comprendere. Se non interagisse lo Spirito Santo la preghiera sarebbe solamente un costrutto umano, un imparaticcio, come lo definirebbe Isaia. Dio che conosce nell’intimo ogni uomo, nei suoi aspetti più reconditi e talvolta nascosti, accoglie l’azione dello Spirito, i suoi pensieri e le sue aspirazioni a favore dell’uomo, cose che rientrano nel piano di salvezza. Se il peccato continua ad offuscare la voce dello Spirito, si corre il rischio di formulare pensieri e parole vuote, che non sono preghiera ma ricerca di auto-consolazione e illusorio appoggio di sentimenti e di sensazioni accomodanti. P. Angelo Sardone