«Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi» (Es 16,4). Passato il Mar Rosso il popolo d’Israele sotto la guida ed il comando di Mosè si avvia verso il deserto. Lascia alle spalle la schiavitù ed i soldati del faraone annegati nel mare tornato ai suoi livelli. Abbandonata una situazione incresciosa che durava da centinaia di anni, gli Ebrei vanno incontro ad altre situazioni non meno difficili. La prima delle quali è la mancanza di acqua e di pane. Ciò dà adito ad un ritornello che sarà costante fino al raggiungimento della terra promessa: la mormorazione unita alla contestazione. Un intervento prodigioso causato da Mosè che getta un legno che il Signore stesso gli indica nelle acque amare, fa sì che queste diventino dolci e dissetino. La questione del pane è seria. Ci pensa ancora una volta il Signore con un intervento speciale della sua Provvidenza, in risposta alla feroce mormorazione della comunità contro Mosè ed Aronne. Era come uno strato di rugiada, simile a brina, dolce e bianca che cadeva e si conservata durante la notte. Venne chiamata “manna”, rapportabile al termine egiziano “mennu”, che significa cibo. La gente si chiedeva: “Man hu? Cos’è?”. Come attesta il libro dei Numeri, si macinava e polverizzava come la farina per fare delle focacce e poteva essere bollita. Fu questo l’elemento principale dell’alimentazione nell’esodo. La razione di cibo era doppia il giorno prima del sabato, il giorno del riposo. La manna è la prefigurazione del dono dell’Eucaristia, il pane della vita, preannunziato da Gesù e donato prima della sua passione al nuovo popolo di Israele, la Chiesa. P. Angelo Sardone