«Grandissima fu la gioia del popolo, perché era stata cancellata l’onta dei pagani» (1Mac 4,58). La sonora sconfitta inflitta ai nemici, induce il grande condottiero Giuda Maccabeo a radunare il popolo per purificare e riconsacrare il santuario di Gerusalemme. Il rituale si svolge con grande solennità ed è accompagnato dai canti e dal suono di cetre, arpe e cimbali. Il popolo partecipa festante ed adora il Signore che si è mostrato propizio verso di loro. La festa della dedicazione dell’altare si protrasse per otto giorni e si stabilirà di ripeterla con lo stesso cerimoniale ogni anno. Un singolare elemento che caratterizza la liturgia è la gioia grandissima del popolo per essersi riappropriato del luogo santo ed aver cancellato la vergogna subita dal nemico. La gioia di aver ripreso in mano il luogo dell’incontro con Dio e la realizzazione di un nuovo altare per il sacrificio, cancellano e ripagano il dolore sofferto per l’onta subita. Quando anche oggi si inaugura una nuova chiesa o si consacra un nuovo altare ci si rifà idealmente al grande avvenimento del tempo dei Maccabei. Il vescovo col sacro crisma unge e consacra l’altare che non solo permetterà di accogliere le offerte per il sacrificio eucaristico, ma sarà il segno stesso di Cristo. Il sacerdote, infatti, all’inizio ed alla fine della S. Messa bacia l’altare che è ornato di veli e tovaglie preziose e in particolari circostanze lo incensa. La gioia deve caratterizzare ogni celebrazione eucaristica dal momento che sull’altare si rinnova il mistero della morte e risurrezione di Cristo, ci ritrova come popolo di Dio in festa, si torna a casa pieni del dono della Parola e saziati del cibo della vita. P. Angelo Sardone