«Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni: sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio» (Fil 4,18). I Filippesi si erano distinti nella condivisione delle tribolazioni sofferte da Paolo con un atteggiamento maturo consono al «dare» dei loro doni ed «all’avere» da parte dell’Apostolo della sua evangelizzazione. Ciò rendeva davvero affettuoso e riconoscente il suo animo nei loro confronti. Per chiarire ulteriormente ogni cosa, egli precisa che cerca esclusivamente non i beni di fortuna ma quelli dello Spirito, autentico capitale di meriti davanti a Dio. Paolo ha tutto ciò che gli è necessario: la carità vera nelle prime comunità, faceva guardare alle necessità degli evangelizzatori, forti dell’ingiunzione del Maestro di Nazaret che aveva sentenziato che “l’operaio ha diritto alla sua mercede”. Il necessario diviene talora abbondanza, superfluo. Il bene che è tale nella logica della condivisione e della fraternità, viene destinato naturalmente ai bisogni dei meno abbienti. Ciò che rimane all’apostolo di ieri come di oggi, è il profumo piacevole dell’attenzione, della cura che il popolo di Dio, serio e maturo, ha dei suoi ministri che vivono in funzione della salvezza e della formazione dei battezzati. Questa è una realtà che non si inventa ma è frutto di una maturità non sempre accentuata nelle Comunità cristiane che talora sembrano ambivalenti: o troppo appiccicate ai loro ministri, tanto da inscenare pianti e stridori di denti ad ogni loro trasferimento, o freddi e staccati, incuranti anche delle esigenze più ordinarie di alimento, di attenzione e di concreta solidarietà umana. Un’adeguata e seria formazione può aiutare a crescere nella vera generosità. P. Angelo Sardone