«L’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede. Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta» (Gc 2,26). È stato sempre avvincente ed attuale il rapporto fede-opere. La lettera di Giacomo, con la sua mentalità molto concreta, onde spingere i cristiani a praticare in maniera decisa il Cristianesimo, afferma in maniera categorica che la fede senza le opere è morta. Fede ed opere sono inseparabili. Una fede che si basa solo su ciò che afferma ed alla quale non corrispondono opere pratiche, è inutile. L’amore verso il prossimo che non va incontro alle reali esigenze dell’altro è inesistente. La massima riassuntiva delle sue affermazioni, facendo riferimento all’esempio del corpo e dello spirito è perentoria: come il corpo senza il soffio vitale dello spirito è morto, così la fede senza le opere è incompleta, inerte, è morta. Il punto di vista di Giacomo è complementare a quello di Paolo; sono frutto di due diverse personalità con mentalità diverse. Per il primo la fede è veramente perfetta quando si concretizza con le opere ed in esse si realizza. Per il secondo, la fede è la totale adesione a Dio. Per il cristiano valgono entrambe le affermazioni, nella misura in cui, con l’ascolto fedele della Parola di Dio e la pratica della vita sacramentale, si radica nella fede in Dio, e con le opere concrete dettate dalla legge naturale, da quella positiva dei dieci comandamenti e dal buonsenso, traduce ciò in cui crede in ciò che vive. La lex credendi deve diventare lex vivendi. P. Angelo Sardone