«Non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, per colpa della mia finzione, si perdano per causa mia» (2Mac 6,24-25). La liturgia presenta una nobile figura di scriba, il novantenne Eleazaro, che durante il tentativo di ellenizzare gli Ebrei da parte di Antioco IV Epifane, rifiutò di mangiare la carne di maiale, proibitissima agli Ebrei, ritenendo che la resa di un uomo della sua età, avrebbe potuto indebolire il coraggio e la fede dei giovani. I più vicini, per sottrarlo alla morte, avrebbero voluto che lui fingesse, mangiando la pietanza che lui stesso aveva preparato, ma egli facendo un ragionamento saggio e nobile, preferì andare incontro al patibolo. La sua età ed il prestigio di una condotta irreprensibile nell’osservanza della Legge, non gli consentivano di dare cattivo esempio ai giovani e macchiare la sua vecchiaia. Fu una pazzia, ma degna della coerenza di una persona veramente matura nella fede e timorata di Dio. Il suo esempio è imperituro ed a distanza di millenni rimane una icona di serietà, compostezza, fedeltà alla Legge di Dio e rifiuto del compromesso. Quanto divario c’è, soprattutto oggi, dal dire di credere in Dio e dal manifestare in concreto con gesti e scelte coraggiose la verità della propria fede e la coerenza che ne consegue. E ciò ad ogni età e condizione sociale e religiosa. Aveva ragione S. Ignazio di Antiochia quando affermava: «è meglio essere cristiani senza dirlo piuttosto che proclamarlo senza esserlo». Una finta religiosità prevalentemente emotiva e senza radici porta alla facile apostasia ed all’ipocrisia ed elude la coerenza della fede. P. Angelo Sardone