«Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore» (At 4,33). Nella preghiera proclamata subito dopo la liberazione dal carcere, Pietro e Giovanni invocarono il Signore perché si compissero miracoli e guarigioni nel Nome di Gesù. E Dio concesse loro questa capacità espressa in grandi segni di potenza. A quella della Parola annunciata con coraggio si aggiungeva ora la forza dei miracoli. Da allora questa forza viene esercitata nella Chiesa da Cristo morto e risorto, manifestazione concreta della Divina Misericordia di cui è apostola la mistica polacca S. Faustina Kowalska, a seguito delle rivelazioni e dei suoi scritti. S. Giovanni Paolo II, tenendo conto che «soprattutto nel mistero pasquale l’amore di Dio verso gli uomini risplende in massima misura», e volendo esaltare questo grande dono, nell’anno 2000 concesse che nella domenica successiva alla Pasqua, detta «Domenica in Albis», fosse aggiunta la dizione «della divina Misericordia». La ricchezza delle celebrazioni liturgiche di questi giorni è la luce più adatta per comprendere tale devozione: il «Cristo pasquale è l’incarnazione definitiva della misericordia di Dio e suo segno vivente». Nella notte di Pasqua i neo battezzati ricevevano una veste bianca; la domenica successiva tornavano in Chiesa e la deponevano. Di qui l’espressione classica «in albis depositis vestibus», cioè deponendo le vesti bianche. Il segno della nuova dignità di figli di Dio, configura l’identità dei cristiani battezzati come re, sacerdoti e profeti ed insieme a tutti gli uomini sulla terra, li rende oggetto della infinita misericordia di Dio. P. Angelo Sardone