«Sàulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damàsco» (At 9,8). Entrato in scena quasi in sordina nel racconto degli Atti degli Apostoli, Saulo intraprende da ora il suo percorso: da persecutore diviene evangelizzatore. Il momento determinante del suo cambiamento è la conversione operata da Gesù sulla via di Damasco dove si stava recando per condurre in carcere i cristiani. L’evento è talmente importante che l’evangelista Luca lo riporta ben tre volte nel suo libro con una trama identica e punti illuminanti diversi. Il primo racconto è fotografico: ardente di furore verso questa nuova via ed i suoi seguaci, Saulo che minaccia ritorsioni ed odio viene buttato a terra da una forza misteriosa e quando ode la voce che gli chiede perché lo sta perseguitando, rimane scioccato e cieco negli occhi ad udire che si tratta dello stesso Gesù. Viene condotto a mano a Damasco e si rifugia in casa di Giuda. Per tre giorni non vede. Mentre prega intensamente in una visione vede un uomo di nome Anania che gli impone le mani. È così avviene. Gli impone le mani: dagli occhi cadono come squame e Saulo, ricolmo di Spirito Santo torna a vedere. La descrizione racchiude il mistero del capovolgimento della vita di Saulo fermo oppositore di questa novità di pensiero e di vita costituita da Cristo e dai suoi seguaci. La grazia di Dio lo trasforma radicalmente: dopo qualche giorno comincia a predicare apertamente che Gesù è il Signore. La conversione vera è rottura col passato. L’autentica conversione è guardare avanti con la novità della vita e non la nostalgica e ossessionante affermazione di ciò che uno è stato con l’illusione di trascinare altri nel processo di adesione alla fede. Gli atteggiamenti e l’identità del passato vanno consegnati al passato e basta. I fedeli seri ricercano, soprattutto nel sacerdote, il nuovo autentico, senza remore nostalgiche e fuorvianti. P. Angelo Sardone