«Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò» (Is 66,13). Il lungo libro del profeta Isaia comprende 66 capitoli che riportano le gesta e le profezie di tre personaggi distinti e di epoche diverse che vanno sotto lo stesso nome. L’ultima parte, attribuita ad un Terzo Isaia, si colloca tra la fine dell’esilio e la costruzione del nuovo tempio a Gerusalemme, intorno al 520 a.C. L’oracolo sul tempio, che chiude il libro, comprende un giudizio su Gerusalemme e si conclude con un discorso escatologico. Un passaggio nel corposo giudizio che fa riferimento alla città di Gerusalemme, invita alla gioia per la sua ricostruzione e all’abbondanza di prosperità e ricchezza dei popoli, contiene un dolcissimo riferimento a Dio che consola, proprio come si comporta una madre verso il proprio figlio. Il tema in verità pervade tutta la seconda parte del libro detta ordinariamente “il Libro della consolazione”. Il bisogno di consolazione e di speranza si avverte maggiormente a seguito di situazioni particolari di difficoltà, a volte indipendenti dalla volontà, a volte dovute ad eventi di dolore, perdita di persone care, capovolgimenti di vita per gravi situazioni economiche, che necessitano di presenze consolatorie a conforto. Il nostro è il Dio di ogni consolazione, che consola in ogni nostra afflizione. Non lascia mai soli e proprio come una madre, attraverso eventi e persone singolari dona una carezza calda di amore ed offre uno spiraglio di luce che illumina il buio della vita e dà speranza. C’è oggi molta debolezza di consolazione. Mancano spesso consolatori. Chi si affida a Gesù è da Lui consolato ed è in grado di offrire a sua volta consolazione e condividerla con coloro che sono vittime del dolore e della disperazione. P. Angelo Sardone