«Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (Is 49,13). Toni e tematiche proprie dell’Avvento, ritornano in Quaresima con una significativa cadenza liturgica di continuità e pienezza. Il Libro della Consolazione di Isaia che si identifica coi capitoli che vanno dal 40 al 55, il cosiddetto «deuteroisaia» evidenzia la grande misericordia e la compassione che Dio opera verso l’uomo che riconosce il suo peccato e torna a Lui. Dio in un certo senso condivide la sofferenza dell’uomo e gli viene incontro col suo tratto di amore che induce alla conversione: «Io, io sono il vostro consolatore» (Is 51,12). Si entra così nel mistero stesso di Dio che già nella rivelazione a Mosè si era autodefinito «misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34,6 ss.). L’evangelista Luca rileva la predicazione di Gesù come un insegnamento continuo e profondo della misericordia di Dio. S. Paolo aggiunge che Dio è «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2Co 1,3) e questo ministero si diffonde nella comunità attraverso l’opera specifica di Cristo, nello Spirito, il «consolatore» per eccellenza.
Sant’Ambrogio definiva la consolazione una vera e propria «arte» che non tutti hanno ma che tutti possono acquisire nella misura in cui incoraggiano, offrono conforto a chi è smarrito, a chi vive la solitudine, a chi è nello sconforto per le sofferenze diverse a livello fisico, psichico ed anche spirituale e sociale. L’esperienza insegna che chi ha sperimentato in prima persona la consolazione che viene da Dio ed anche quella proveniente dagli uomini, è in grado di darla e di condividerla con gli altri. E questo è un vero e proprio ministero di fatto. P. Angelo Sardone