«Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli» (Is 49,9). Il popolo d’Israele, a cominciare dai patriarchi, era un popolo nomade che viveva fondamentalmente di pastorizia. Il doversi spostare continuamente, soprattutto durante il quarantennio dell’esodo, lo costringeva a condurre una vita a stretto contatto con le pecore. Questi animali costituivano una fonte di reddito per il latte, la carne, la lana e, soprattutto gli agnelli, erano destinati al sacrificio di puro odore per il Signore. Dio spesso viene presentato come il pastore che cammina davanti alle pecore, le guida e le difende dai nemici. Il quarto carme del servo di Jahwè fa riferimento al Messia come agnello condotto al macello e come pecora muta di fronte ai suoi tosatori. Il secondo carme cui si riferisce la citazione, dopo aver presentato il “Servo” oggetto di umiliazioni e di glorificazione, riprende il tema del ritorno del popolo d’Israele dalla schiavitù, lungo una strada meravigliosa. La ricchezza è costituita dal fatto che potrà pascolare ovunque, su tutte le strade e finanche nelle alture, sui «monti di Israele» (Ez 34,13), dove troverà buoni pascoli. S. Agostino afferma che questi monti e queste alture sono “le pagine delle Sacre Scritture”, dove si può e si deve pascolare con sicurezza, ascoltando la voce del pastore. Gli Ebrei si qualificavano perciò come “popolo del Libro”. La frequentazione della Sacra Scrittura deve costituire per ogni cristiano l’impegno costante e diuturno per poter attingere da essa conoscenza di Dio, istruzione, ammonimenti e la pratica più efficace per amare Dio ed i fratelli. P. Angelo Sardone